La chiesa sul lago di Costanza

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Fatta costruire a Goldbach dal Conte Alpger, nel pieno fulgore dell’impero carolingio, testimonia di quanto nel secolo IX fosse esteso il culto di San Marziano tanto che il poeta Valafrido Strabone compose un carme dedicato al martire tortonese

di don Maurizio Ceriani

L’episodio più importante – che ha quasi dell’incredibile – nella lunga storia del culto marciano è ciò che accadde nell’anno 840 sulle rive del lago di Costanza. Nel pieno fulgore dell’impero carolingio sotto lo scettro di Ludovico il Pio, un personaggio di spicco della corte imperiale, il Conte Alpger, costruisce una chiesa in onore di San Marziano a Goldbach, sul lago di Costanza, e incarica una delle migliori penne dell’epoca, Valafrido Strabone, di comporre un carme in onore del santo tortonese.

Questo evento, risaputo già nella disputa di fine Ottocento, non è mai stato vagliato in tutta la sua portata. Innanzi tutto testimonia come il culto di San Marziano fosse già fortemente radicato nella Chiesa di Tortona e quindi chiude lo spazio di manovra a ogni illazione sul fatto che le figure di Marziano e Innocenzo possano essere frutto di un’elaborazione del X-XI secolo. Per Alpger e per Valafrido è fuori discussione la storicità di Marziano come fondatore della Chiesa tortonese. Ma quel che è stato sempre sottovalutato è proprio l’importanza dei due personaggi e del sito in cui viene edificata la chiesa intitolata al nostro santo.

La Rinascenza Carolingia

Dal punto di vista culturale l’epoca di Carlo Magno, di suo figlio Ludovico il Pio e dei suoi nipoti Lotario e Carlo il Calvo, è conosciuta con il nome di “Rinascimento o Rinascenza Carolingia”. Si trattò di un imponente e multiforme risveglio letterario e artistico dell’Occidente dopo le invasioni barbariche; fu caratterizzato da un forte impulso religioso e dallo sforzo di legittimare l’Impero Carolingio anche culturalmente, attraverso la ripresa di elementi tipici della classicità romana, compresa la lingua latina. L’ordine benedettino fu il principale artefice della Rinascenza, tramite la fondazione di decine e decine di monasteri, mentre alla corte di Aquisgrana confluivano i chierici e i monaci più colti del mondo cristiano.

I monasteri furono i veri centri propulsori del nuovo slancio culturale e tre in particolare divennero il fulcro di tutta l’operazione: San Gallo, Fulda e Reichenau, con le loro scuole, le loro biblioteche e i loro scriptorii. Proprio nelle pertinenze del monastero di Reichenau, che sorge su un’isola del Lago di Costanza, mentre vi è abate Valafrido Strabone, il Conte Alpger edifica la chiesa di San Marziano, che viene così di fatto a trovarsi nel cuore di un’imponente riforma religiosa e culturale.

Chi era il conte Alpger?

Alpger, latinizzato spesso in Alpcarius, è un personaggio di primordine nel panorama carolingio. Già al servizio di Re Pipino il Breve, fu precettore della sorella di Carlo Magno, Adelaide, ed ebbe dallo stesso Carlo, che lo annoverava tra i suoi consiglieri, importanti incarichi ai confini orientali dell’impero in Dalmazia e in Pannonia. In un documento di compravendita dell’807, stilato in Brescia, Alcpar si definisce “ex Alamannorum genere”, figlio di Autcherio “de finibus Alamanniae, loco ubi nominatur Lintzicaua”, località rispondente all’odierna Linzgau. In quegli anni viene in possesso di ingenti beni nella pianura padana. Alpger non è quindi un franco ma un alemanno, popolazione che si era fusa con i Franchi già nel secolo precedente. Egli stesso afferma che per i servigi resi a Carlo Magno ottenne come ricompensa un comitatus. Tuttavia l’ipotesi, avanzata dal Gabotto, che Alpger fosse Conte di Tortona non è suffragata da alcun documento, mentre è attestata la sua presenza a Milano. La Chiesa milanese sarà in seguito beneficata con diversi suoi beni terrieri.

Chi era Valafrido Strabone?

Valafrido, soprannominato Strabone per il suo forte strabismo, fu uno dei più significativi letterati della Rinascenza Carolingia. Monaco a Reichenau e poi a Fulda, alla scuola del grande Rabano Mauro, il suo genio letterario lo portò appena diciottenne a rielaborare in versi una visione che l’abate di Reichenau Vettino aveva avuto prima di morire; nacque così la Visio Wettini, descrizione di un viaggio nell’oltretomba. Quest’opera gli guadagnò nell’829, a soli ventitré anni, un posto nella corte di Ludovico il Pio e di Giuditta, come precettore del minor principe Carlo il Calvo. Ne ottenne in compenso nell’838 la nomina ad abate di Reichenau.

Valafrido piace oggi prevalentemente come poeta attraente e geniale, ma per i contemporanei la sua importanza risedette tutta nel dominio teologico, per cui fu ricercato e venerato come maestro e scrittore, a tal punto che i monaci di San Gallo gli affidarono la stesura della vita del fondatore dell’abbazia. Una delle fatiche letterarie di Valafrido fu anche la rielaborazione in miglior latino di rozze compilazioni di vite di santi già esistenti. Qui dobbiamo fissare l’incontro con le notizie sulla vita di San Marziano che poi egli mise in versi, su committenza del Conte Alperg, in un latino elegante e poetico. Il breve componimento poetico ha la funzione di celebrare l’edificazione della chiesa del Conte Alpger e non certo di presentare diffusamente la vita di Marziano. Tuttavia, accanto a una serie di elementi comuni all’agiografia e validi per tutti i santi, quali i costumi integerrimi e lo zelo pastorale, emergono tratti caratteristici costantemente presenti nella tradizione marciana: il nome del prefetto Sapricio e l’epoca dell’imperatore Adriano. Singolare invece è il riferimento al tipo di martirio subito, cioè i blocchi di ferro che arroventano i visceri del santo. Quest’ultimo elemento è alieno alla tradizione tortonese, che vuole San Marziano martire per decapitazione in quanto civis romanus, e trova rarissimi riscontri nell’iconografia; tuttavia è contenuto nel racconto della Passio, come tortura, escogitata dalla crudeltà di Sapricio, dalla quale Marziano miracolosamente esce indenne.

Il valore di questo evento

Nell’840 accade quindi un fatto singolarissimo di straordinaria importanza: una chiesa sorge a centinaia di kilometri da Tortona in onore di San Marziano. Sorge in un luogo simbolo della Rinascenza Carolingia, nel pieno fervore di quest’ultima; sorge per volontà e opera di due personaggi che all’epoca, uno in campo civile l’altro in quello ecclesiale, occupano ruoli rilevantissimi. Tutto questo deve portare alla costatazione di quanto esteso, importante e considerato fosse il culto – e di conseguenza la figura – del martire tortonese nel secolo IX; soltanto un culto di rilievo, capace di dare lustro al committente, giustifica da un lato la scelta di Alpger e dall’altro l’accondiscendenza di Valafrido, al quale, nelle vesti di abate di Reichenau, spettava l’ultima parola sull’edificazione della chiesa nel territorio di sua giurisdizione. Altra considerazione deve riguardare le fonti che Valafrido ebbe a disposizione per comporre il suo carme, che con chiarezza estrema attesta Marziano “praesul Terdona primus in urbe”, cioè protovescovo della città di Tortona. Per chiudere il quadro della diffusione del culto di San Marziano occorre ricordare le molte chiese sorte in suo onore, oltre i confini diocesani, sparse dal Cuneese alla riviera ligure, passando per l’Astigiano e il Piacentino, la Lomellina, il Pavese e il Milanese. Accanto alla constatazione va avanzata la domanda, ancora tutta da investigare, sul motivo di una così diffusa e radicata devozione, che potrebbe essere un interessante ambito di ricerca per il futuro.

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