I rituali dello sposo

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di PATRIZIA FERRANDO

Ottobre è un bellissimo e suggestivo tempo di matrimoni, variopinto seguito di settembre, il quale ha ormai scalzato maggio dal ruolo di mese nuziale. Molti preparativi dunque fervono e qualcuno mi ha fatto notare come, in termini di tradizioni da rispettare, opzionali o scomparse, si parli sempre delle spose. In realtà, non mancano vecchi retaggi e riverberi attuali anche per il lato maschile dei nubendi. Iniziamo da lontano. Nel tredicesimo secolo, e a volte fino al diciannovesimo, nei Paesi di lingua tedesca, vi era l’usanza del morgengabio o “morgengabe”, cioè “il dono del mattino”. Il marito, il mattino seguente alla prima notte di nozze, omaggiava la moglie di un dono che sanciva la loro unione. L’espressione latina “praetium virginitatis” stava a significare che il dono veniva concepito anche come una forma di risarcimento alla donna per la verginità perduta e, nell’ottica meramente finanziaria, il simbolo dell’avvenuta consumazione del matrimonio e quindi il compimento contrattuale delle cosiddette “doti e controdoti”. Oggi vi è il poetico dono delle spighe di grano. Nei villaggi altomedievali si cerca una spiegazione per la tradizione di lasciare allo sposo libero il lato destro: l’uomo portava la prescelta in groppa al cavallo cingendola con braccio sinistro, mentre con il destro guidava il destriero, in più, usava sempre il destro per impugnare le armi. Lo sposo, per diffusa scaramanzia, non doveva vedere la sposa per nessun motivo dopo la mezzanotte del giorno che precede le nozze. Una volta uscito di casa non poteva tornare sui propri passi, neppure per qualche dimenticanza. Tradizione ancora molto comune è quella dello sposo che porta in braccio la sposa oltre la soglia al loro primo ingresso nella nuova casa. Attorno al 100 d.C., Plutarco formulò in proposito tre diverse ipotesi: nella prima sosteneva che l’atto di prendere in braccio la sposa fosse una messa in scena simbolica che si rifaceva al “Ratto delle Sabine”. In un’altra riteneva simboleggiasse la riluttanza della sposa a togliere le sue vesti. Nell’ultima suggeriva la fedeltà coniugale, infatti, essendo stata portata in casa da suo marito, l’avrebbe lasciata solo nello stesso modo. Questa spiegazione certamente era inquadrata nel contesto di una cultura patriarcale, nella quale si supponeva che una donna avrebbe potuto lasciare la sua casa solamente quando fosse stata così vecchia che le persone si sarebbero chieste non di chi fosse moglie, ma di chi fosse madre. Si dice che si ricorreva a tale gesto anche per evitare che la sposa inciampasse, rifiutata dalla nuovo dimora e dalle divinità domestiche.

patrizia.marta.ferrando@gmail.com

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