«Siamo un’impresa sociale. Soprattutto in tempo di virus»

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I servizi di assistenza e cura domiciliare sono messi a dura prova. Molte le richieste che vengono da persone in difficoltà. Ecco la testimonianza di chi gestisce, a Tortona, la cooperativa “Privatassistenza”

«Gli anziani sono uomini e donne, padri e madri che sono stati prima di noi sulla nostra stessa strada, nella nostra stessa casa, nella nostra quotidiana battaglia per una vita degna. Sono uomini e donne dai quali abbiamo ricevuto molto. L’anziano non è un alieno… E se noi non impariamo a trattare bene gli anziani, così tratteranno noi». Così diceva Papa Francesco in una catechesi di alcuni anni fa. In queste settimane di emergenza Covid-19, ho ripensato tante volte agli interventi del Papa e a questo suo sguardo carico di amore.

Certo, mi sono anche chiesto se valeva la pena che la mia cooperativa, aperta da pochissimi giorni sul territorio (il 7 febbraio!), restasse comunque attiva. Pensavo tra me: “siamo troppo piccoli e troppo giovani per affrontare un’emergenza sanitaria che nessuno di noi ha mai conosciuto”.

E sempre dentro di me mi sono chiesto: “perché il Signore ha voluto che cambiassi lavoro, dopo tanti anni da dipendente, per gettarmi subito in una sfida epocale?”.

Mi sono però reso conto che chiudere del tutto i servizi di “Privatassistenza – Cura e Salute” (questo il nome della cooperativa), in nome di una astratta tranquillità, avrebbe significato abbandonare ulteriormente i nostri anziani. E abbandonare anche quegli operatori sanitari che volevano collaborare con la mia realtà, intravedendo nell’esperienza dell’assistenza domiciliare qualcosa di più consono alle loro aspettative rispetto ad altri tipi di assistenza (ospedaliera, nelle Rsa).

Ho così deciso di chiudere l’ufficio ma non i servizi, appendendo alla porta un cartello che spiegava che avremmo valutato per telefono tutte le richieste e le condizioni di sicurezza per intervenire.

In queste settimane le telefonate sono state numerose. Ho ascoltato con attenzione i bisogni e le necessità.

Non potendo sempre recarmi subito sul posto, ho verificato nel dettaglio per telefono con i familiari le condizioni dei parenti da assistere, la presenza di sintomi riconducibili a Covid o recenti ospedalizzazioni.

Purtroppo, la realtà ha dimostrato che in molti ospedali della zona pazienti entrati con patologie non Covid ne siano poi usciti contagiati.

Insieme ai miei operatori, abbiamo valutato di non intervenire in casi reputati troppo rischiosi.

In altri casi abbiamo semplicemente ascoltato e dialogato.

Sono stato mezz’ora al telefono con una signora di Asti disperata perché aveva dovuto portare via la mamma da una Rsa dove erano poi stati trovati decine di ospiti positivi. Purtroppo non ho potuto aiutarla in modo diretto, non lavorando ancora noi su Asti, ma le ho fornito alcuni contatti e soprattutto l’ho ascoltata.

Alla fine della telefonata mi ha ringraziato quasi come se le avessi dato uno spiraglio di luce. In diversi casi siamo comunque riusciti a essere presenti e dovunque le famiglie ci hanno ringraziato per il prezioso aiuto.

In una impresa sociale (ma dovrebbe essere così in ogni azienda profit) il dialogo con i propri collaboratori è fondamentale.

Cooperare significa lavorare insieme per un obiettivo comune, senza forzature e costrizioni.

Nessuna cooperativa può riuscire nella sua impresa (e quindi essere impresa nel senso economico e sociale del termine) se non si basa sulla fiducia e l’ascolto reciproco.

Cooperare è parola fondamentale anche rispetto alle famiglie. Mai come in queste settimane abbiamo chiarito con i nostri beneficiari che tutto doveva avvenire in dialogo con loro e che anche loro avrebbero dovuto collaborare per costruire il miglior percorso di assistenza per i propri cari.

Di certo, questi mesi di emergenza hanno ampliato l’orizzonte delle mie riflessioni, anche sul ruolo di “Privatassistenza”.

I nostri malati e anziani sono ricchezze e scrigni da proteggere.

La cultura dello scarto che denuncia il Papa e avanza in alcuni Paesi (pensiamo alle politiche Covid in Olanda e Svezia, con limitazioni agli accessi alle terapie intensive per gli over 75) da noi non ha ancora (del tutto) attecchito. Dobbiamo conservare questo sguardo. Ma occorre anche ripensare ad alcuni aspetti del nostro sistema socio-sanitario, senza criminalizzazioni e con un approccio positivo.

Questa crisi potrebbe aiutarci a riflettere sull’abuso dell’ospedalizzazione, un certo abbandono della medicina territoriale o un ricorso troppo sbrigativo alle Rsa.

L’assistenza domiciliare può e deve diventare una valida alternativa, in un dialogo con le istituzioni del territorio (noi vogliamo fare rete con tutte le realtà pubbliche e di privato-sociale), all’interno di una vera sussidiarietà e (concretamente) in un maggior sostegno alle famiglie visto che le attuali detrazioni per il nostro settore sono davvero basse.

*“Privatassistenza Cura e Salute” Tortona

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