«Servono ambulatori e reparti»

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Tortona, ospedale. I cittadini vogliono rassicurazioni sul futuro. Torniamo a parlarne con Claudio Massolo, presidente della Società Medico-Chirurgica Tortonese

La Società Medico-Chirurgica, nota fino a qualche tempo fa quasi esclusivamente fra i sanitari e presente nel panorama tortonese soprattutto con proposte culturali, si è rivelata una delle associazioni locali più attive nel dibattito attorno all’ospedale, anzi la prima a lanciare, nel settembre 2020, un “allarme” sul tema. Che cosa vi ha spinti a scendere in campo direttamente?

«La Società Medico-Chirurgica Tortonese è presente in città da antica data (è stata fondata nel 1952), riunisce tutte le figure sanitarie (medici, infermieri, farmacisti) e la sua finalità è l’aggiornamento dei propri iscritti e la divulgazione di conoscenze in materia di sanità, attraverso pubblicazioni, conferenze e altre proposte culturali. Dunque, non siamo un’associazione di categoria, né un sindacato. È di tutta evidenza, però, che di fronte a quanto è accaduto e al dibattito in corso non potevamo rimanere inerti. La pandemia e la destinazione a Covid Hospital dell’Ospedale di Tortona ha scoperchiato del tutto il tetto della “casa comune” della sanità locale, che già mostrava parecchi cedimenti: abbiamo ritenuto che la salute dei nostri pazienti non fosse – e non sia – adeguatamente tutelata. Tuttavia, la SMCT non vuole, in alcun modo, essere coinvolta in un agone politico che non le compete; l’obiettivo dei medici rimane sempre e solo la salute del paziente».

Più recentemente la SMCT ha prodotto un articolato documento (che il nostro giornale ha pubblicato integralmente sul n. 10 del 18 marzo scorso) di analisi e proposta. Come si conciliano i vostri interventi con quelli delle istituzioni preposte, in particolare con il previsto affidamento all’Università Bocconi di uno studio sul futuro del nosocomio tortonese?

«La nostra Associazione aveva già in mente qualcosa del genere e, quindi, condivide pienamente l’idea di rivolgersi ad un autorevole organismo super partes, di alta competenza nel settore sanitario, per valutare a 360 gradi la sostenibilità di un progetto che restituisca all’Ospedale di Tortona le sue funzioni basilari e tutte le attività ambulatoriali che ha sempre garantito ai cittadini del Tortonese. Ed anzi, colgo anche questa occasione per ribadire la disponibilità della SMCT alla collaborazione con le istituzioni locali e regionali e con i ricercatori incaricati dello studio, mettendo a disposizione decenni di esperienza vissuta in prima persona come medici ospedalieri o del territorio».

Si deve alla Società Medico-Chirurgica Tortonese la pubblicazione, nel 1995, di un pregevole volumetto sugli Ospedali tortonesi dal XII al XIX secolo, curato, con la competenza storica loro riconosciuta, da Giuseppe Bonavoglia e Giuseppe Decarlini. Si dovrà aggiungere un capitolo che consegni alla storia anche l’Ospedale di Tortona del XX e XXI secolo? Quale funzione potrà mantenere, mentre si delineano e si stanno già sperimentando nuovi modelli di assistenza sanitaria (Casa della Salute, Ospedale di Comunità, ecc.)?

«Crediamo nell’ospedale in quanto salvavita e riferimento indispensabile per i medici che operano sul territorio; crediamo di essere stati penalizzati doppiamente (prima e poi per il Covid); crediamo che il sistema non stia offrendo risposte nei tempi e nei modi richiesti dalla congiuntura e che gli utenti si aspettano. Riteniamo che l’evoluzione della sanità premierà l’adattabilità, la celerità, la competitività nella risposta ai bisogni; non ci illudiamo di poter incidere più di tanto sulle decisioni che verranno prese a livello nazionale e regionale, ma ci teniamo a dire che le nuove forme di aggregazione dei medici del territorio, coadiuvati da altre figure professionali, come infermieri, assistenti sociali… potranno dare risposte alle esigenze primarie dei pazienti, ma non potranno, a nostro avviso, sostituirsi alle funzioni proprie di un ospedale inteso come struttura dove operano medici specialisti le cui competenze ed esperienze offrono ai pazienti, grazie anche al lavoro in équipe, risposte adeguate alle patologie più complesse».

Nei giorni scorsi, la Regione Piemonte ha dichiarato chiusa l’esperienza di Covid Hospital dell’ospedale di Tortona e, quasi contemporaneamente, ha nominato il nuovo Direttore Generale di ASL AL, nella persona di Luigi Vercellino, che conosce la realtà tortonese, essendo già stato direttore amministrativo della nostra ASL. Sono segnali positivi?

«Sono certamente segnali positivi, ci auguriamo siano azioni cui facciano seguito fatti concreti, ispirati dal desiderio di progettare un nuovo modello dei servizi sanitari nel Tortonese, tenendo conto degli errori del passato e dei disagi vissuti da tutti i cittadini, in particolare gli anziani».

Dai cittadini interessati alle sorti dell’ospedale, ci pare giunga la richiesta di un po’ più di chiarezza, non solo da parte dei decisori politici, ma anche degli “addetti ai lavori”, accusati, ancorché sottovoce, di non avere assunto iniziative e di non aver tenuto una posizione unitaria, contribuendo così all’attuale situazione. Gli operatori sanitari che la SMCT riunisce e, in certo qual modo, rappresenta, cosa vogliono e cosa non vogliono per la sanità locale?

«I sanitari della SMCT vorrebbero esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento, offrendo ai pazienti, ovunque essi risiedono, in città o nei piccoli paesi, le migliori opportunità di diagnosi e cura che la medicina di oggi pone a nostra disposizione.

Per raggiungere questo obiettivo riteniamo sia necessario un rilancio dell’Ospedale di Tortona, individuando quali branche specialistiche (medicina, chirurgia, ortopedia, fisiatria, rianimazione…) si possano rendere pienamente operative perché Tortona sia parte attiva di una rete ospedaliera efficiente. Non si può inoltre prescindere dall’organizzazione di ambulatori specialistici che funzionino con continuità presso l’ospedale sia come supporto alle attività dei reparti sia come servizio ai pazienti per la diagnostica e la terapia, pensiamo ad esempio alla cardiologia, neurologia, pneumologia, oculistica, urologia, pediatria».

Cesare Raviolo

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