Rapporto Draghi: libro bianco o dei sogni?

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Di Cesare Raviolo

A25 anni dal Rapporto Delors, che suggeriva 3 fasi per la realizzazione dell’Unione economica e monetaria dell’Europa, un nuovo documento – il Rapporto Draghi – formula alcune proposte per rilanciare la competitività europea, messa a dura prova da USA e Cina. Il Rapporto consta di 400 pagine e individua 5 aree di urgente intervento: innovazione, decarbonizzazione, sicurezza, investimenti e governance. Per superare la carenza di innovazione dell’industria UE, Draghi suggerisce di concentrare le risorse pubbliche per ricerca e sviluppo fissando a livello comunitario i settori prioritari di intervento, promuovendo il venture capital, abbattendo le barriere di scala. In tema di decarbonizzazione, il Rapporto propone un approccio pragmatico alla riduzione dei limiti alle emissioni per cercare di evitare un’eccessiva penalizzazione dell’industria europea, di proteggere solo i settori della transizione ambientale nei quali l’Unione vanta un primato tecnologico (eolico, idrogeno, biofuel) e di costituire joint venture per la produzione in Europa di quelli nei quali la Cina ha un vantaggio incolmabile (pannelli, batterie). L’esigenza di garantire i necessari approvvigionamenti di materie prime, di energia e di tecnologia (l’80% è importata) comporta per l’Europa la necessità di dotarsi di una politica estera e di difesa comune, attraverso il coordinamento dei programmi di spesa per gli armamenti. Il raggiungimento dei sopracitati obiettivi richiede investimenti per 800 miliardi, il cui finanziamento comporta la creazione di un mercato unico dei capitali, oggi troppo frammentato, la canalizzazione del risparmio delle famiglie europee (1.390 mld) verso il capitale di rischio e la creazione del debito pubblico europeo. Riguardo la governance, il Rapporto suggerisce il superamento del principio dell’unanimità per certe materie, la semplificazione dei processi decisionali e normativi, il coordinamento delle politiche industriali e commerciali al fine di un uso efficiente delle risorse disponibili. Certamente meno impegnativo del Rapporto Delors, quello di Draghi costituisce una sorta di catalogo di buone pratiche, la cui implementazione richiede ulteriori studi di fattibilità e supporti statistici. Visto come si muove l’Unione Europea negli ultimi tempi sui principali temi politico-economici (guerra ucraina, migranti, clima, ecc.) il rischio è che il Rapporto Draghi resti un sogno nel cassetto.

raviolocesare@gmail.com

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