“La società mondiale sta perdendo il cuore”

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La quarta enciclica di Papa Francesco. Giovedì scorso è uscita Dilexit nos, sull’amore umano e la devozione al Sacro Cuore di Gesù Cristo

DI M. MICHELA NICOLAIS

“Quando siamo tentati di navigare in superficie, di vivere di corsa senza sapere alla fine perché, di diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato a cui non interessa il senso della nostra esistenza, abbiamo bisogno di recuperare l’importanza del cuore”.

Ne è convinto Papa Francesco, che nella sua quarta enciclica, Dilexit nos, sull’amore umano e divino del cuore di Gesù Cristo, denuncia come la società mondiale “sta perdendo il cuore” a causa di “un individualismo malsano”.

“Tutto si gioca nel cuore”, la tesi controcorrente del Papa, “in una società di consumatori seriali che vivono alla giornata e dominati dai ritmi e dai rumori della tecnologia”.

L’algoritmo è “standard”, il cuore no. Partendo da Omero e Platone e citando tra gli altri Heidegger e Dostoevskij Bergoglio afferma che, “in ultima analisi, io sono il mio cuore”, il solo “capace di unificare e armonizzare la propria storia personale, che sembra frammentata in mille pezzi, ma dove tutto può avere un senso”: l’anti-cuore, invece, “è una società sempre più dominata dal narcisismo e dall’autoreferenzialità”.

“Nell’era dell’intelligenza artificiale, non possiamo dimenticare che per salvare l’umano sono necessari la poesia e l’amore”, sostiene Francesco, che cita gesti quotidiani appresi dall’infanzia, come l’uso della forchetta per sigillare i bordi di quei panzerotti fatti in casa con le nostre mamme o nonne. “Vedendo come si susseguono nuove guerre, con la complicità, la tolleranza o l’indifferenza di altri Paesi, o con mere lotte di potere intorno a interessi di parte, viene da pensare che la società mondiale stia perdendo il cuore”, l’affermazione centrale del documento: “Basta guardare e ascoltare le donne anziane – delle varie parti in guerra – che sono prigioniere di questi conflitti devastanti. È straziante vederle piangere i nipoti uccisi, o sentirle augurarsi la morte per aver perso la casa dove hanno sempre vissuto. Scaricare la colpa sugli altri non risolve questo dramma vergognoso. Veder piangere le nonne senza che questo risulti intollerabile è segno di un mondo senza cuore”.

“Prendere sul serio il cuore ha conseguenze sociali”, scrive il Papa citando la posizione del Concilio di fronte ai drammi del mondo e chiedendo “compassione per questa terra ferita, affinché il nostro mondo, che sopravvive tra le guerre, gli squilibri socioeconomici, il consumismo e l’uso anti umano della tecnologia, possa recuperare ciò che è più importante e necessario: il cuore umano”.

“La devozione al Cuore di Cristo è essenziale per la nostra vita, tanto che possiamo affermare ancora una volta che il Sacro Cuore è una sintesi del Vangelo”, raccomanda Francesco, osservando che “in mezzo al vortice del mondo attuale e alla nostra ossessione per il tempo libero, il consumo e il divertimento, i telefonini e i social media, dimentichiamo di nutrire la nostra vita con la forza dell’Eucaristia”.

La secolarizzazione “aspira a un mondo libero da Dio”, la denuncia: “A ciò si aggiunge che si stanno moltiplicando nella società varie forme di religiosità senza riferimento a un rapporto personale con un Dio d’amore, che sono nuove manifestazioni di una spiritualità senza carne”. Di qui l’invito papale a rinnovare la devozione al Sacro Cuore di Gesù, che “ci libera da un altro dualismo: quello di comunità e pastori concentrati solo su attività esterne, riforme strutturali prive di Vangelo, organizzazioni ossessive, progetti mondani, riflessioni secolarizzate, su varie proposte presentate come requisiti che a volte si pretende di imporre a tutti”.

L’atteggiamento da imitare è quello di santa Teresa di Gesù Bambino, la cui preghiera al Cuore di Cristo si può riassumere in tre parole: “Confido in te”. La devozione al Sacro Cuore è legata, inoltre, all’impegno personale e comunitario: servono “missionari innamorati”, ma senza proselitismo: “Se ci allontaniamo dalla comunità, ci allontaneremo anche da Gesù. Se la dimentichiamo e non ci preoccupiamo per essa, la nostra amicizia con Gesù si raffredderà”.

“L’amore per i fratelli della propria comunità – religiosa, parrocchiale, diocesana – è come un carburante che alimenta la nostra amicizia con Gesù”, spiega il Santo Padre: “Gli atti d’amore verso i fratelli di comunità possono essere il modo migliore, o talvolta l’unico possibile, di esprimere agli altri l’amore di Gesù Cristo”, “in ogni fratello e in ogni sorella, soprattutto nei più poveri, disprezzati e abbandonati della società”.

Ognuno di noi, la tesi del Papa, ha una missione da compiere in questo mondo, “con fiducia, con generosità, con libertà, senza paure”: “Se ti chiudi nelle tue comodità, questo non ti darà sicurezza, i timori, le tristezze, le angosce appariranno sempre. Chi non compie la propria missione su questa terra non può essere felice, è frustrato”.

“Ciò che questo documento esprime ci permette di scoprire che quanto è scritto nelle Encicliche sociali Laudato si’ e Fratelli tutti non è estraneo al nostro incontro con l’amore di Gesù Cristo, perché, abbeverandoci a questo amore, diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune”.

Così Bergoglio sintetizza il “filo rosso” che percorre il suo magistero. “Oggi tutto si compra e si paga, e sembra che il senso stesso della dignità dipenda da cose che si ottengono con il potere del denaro”, la denuncia nella conclusione nel testo: “L’amore di Cristo è fuori da questo ingranaggio perverso e lui solo può liberarci da questa febbre in cui non c’è più spazio per un amore gratuito”, assicura Francesco.

“Egli è in grado di dare un cuore a questa terra e di reinventare l’amore laddove pensiamo che la capacità di amare sia morta per sempre. Ne ha bisogno anche la Chiesa”.

(Foto: Siciliani – Gennari/SIR)

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