Don Vanotti e “I Linguaggi dell’annuncio”

Visualizzazioni: 70

Due pomeriggi formativi proposti dall’Ufficio Catechistico a Broni per l’Oltrepò pavese

BRONI – Il 21 e il 22 settembre l’Oratorio di Broni ha ospitato don Francesco Vanotti e i catechisti della zona per due pomeriggi di studio e di confronto sul tema:”I linguaggi dell’annuncio”. Il relatore è membro della Consulta dell’Ufficio Catechistico Nazionale (UCN) e autore di molti testi di metodologia. Don Francesco un anno fa era già stato ospite della Diocesi e aveva affrontato il tema dell’iniziazione alla fede. Il volume Convertire la catechesi (LDC) è una lettura dei cambiamenti che stanno avvenendo, nella società e nelle comunità. Il fine del nostro annuncio è far incontrare Gesù Cristo, persona viva. Il Direttorio catechistico del 2020 invita a far scoprire “Qualcuno”: non si tratta, quindi, solo di una conoscenza intellettuale. Papa Francesco sostiene – a ragione – che stiamo vivendo un cambio d’epoca: un mondo è finito e di questo bisogna rendersi consapevoli e ciò riguarda anche il modo di vivere la fede. Il tempo che viviamo è comunque un “tempo benedetto” e dobbiamo abitarlo con fiducia. In passato, si parlava di alleanza educativa tra famiglia, scuola, parrocchia: ora il “modello scolastico” (un’aula, un libro, la classe, l’ora settimanale, la preparazione di un percorso per un sacramento, etc…) non ha più ragion d’essere. I contenuti devono diventare vita, esperienza, farsi accoglienza e testimonianza e tutto va legato alle capacità relazionali. Indispensabile, perciò, è ripartire dalla situazione cha abbiamo davanti, senza nostalgie né rimpianti: il catechismo non è istruzione religiosa, ma fa entrare in contatto con una comunità che prega, ascolta la Parola, vive l’Eucarestia, pratica la carità. Lo scenario deve anzitutto cambiare dentro di noi: Papa Francesco ha scritto che i catechisti sono “artigiani di comunità”. Occorre dunque basarsi su esperienze di vita cristiana, tessendo relazioni, recuperando un’indispensabile dimensione comunitaria. Don Francesco ha fatto riflettere i presenti su “modelli” di catechesi: quello tradizionale e quello rinnovato. Quest’ultimo è legato al narrativo/simbolico, alla ricchezza dell’ascolto di testimoni (“la fede nasce dall’ascolto” dice san Paolo), al kerygma (Gesù Cristo ha dato la sua vita per noi). In passato la fede era trasmessa “per contagio”. Oggi, la domanda è: come stiamo “iniziando alla fede” bambini, ragazzi e famiglie? Il tema del linguaggio è primario: l’esperienza dell’ascolto, della narrazione mi tocca in profondità, mi cambia, coinvolge cuore, mente e mani. Dobbiamo trovare vari tipi di esperienze: drammatizzazione, incontri con l’arte, giochi, contemplazione del Creato, esperienze di servizio… In tutto questo va sottolineato che la narrazione è esperienza credibile perché personale, siamo noi che raccontiamo la nostra esperienza di salvezza e diventiamo “luoghi epifanici”, cioè rivelazioni di Dio! Noi siamo perciò “il quinto evangelo”, perché la nostra storia “sta” dentro la storia della salvezza e possiamo dire: «Io ho vissuto così: provaci anche tu!». Don Francesco ha invitato i partecipanti a lavorare a coppie e poi a piccoli gruppi, per sperimentare la positività del dialogo e del confronto: la fede si rafforza condividendola e il bisogno di “narrarsi” è dentro il Dna di ciascuno. Tutti siamo stati “catturati”: dallo Spirito, da don Vanotti e dagli amici presenti! Don Vanotti tornerà in Diocesi a febbraio per ripetere l’esperienza dei suoi incontri a Tortona e a Casella nel Genovesato.

Milena Sacchi

Commenti: 0

Il tuo indirizzo mail non sarà reso pubblico. I campi obbligatori sono segnati con *