“Morirò sul palcoscenico”

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di Maria Pia e Gianni Mussini

In questi giorni abbiamo seguito sulla stampa e in TV un paio di interviste a Teo Teocoli, il comico geniale che – per il tramite dell’ancor più geniale Enzo Jannacci – approdò al Derby di Milano: vale a dire il tempio della comicità cabarettistica tra gli anni Sessanta e Ottanta, vera fucina di artisti come Cochi e Renato, Beppe Viola e tanti altri (tra i quali Antonio Ricci, il padre di Striscia la notizia).

Con l’esplosione della TV commerciale, ecco il passaggio a Mai dire gol, condotto dai ragazzi terribili della Gialappa’s, dove proprio a Teocoli si legano maschere strepitose ispirate a personaggi immaginari (il giornalista sportivo napoletano Felice Caccamo) o in carne e ossa (Celentano, Galliani, Cesare Maldini e mille altri).

A casa siamo molto legati a Teo come a tutti gli altri eroi della Gialappa’s, a partire da Neri Marcorè (il preferito da Maria Pia). L’appuntamento con la trasmissione era un momento magico per la famiglia, unita davanti alla “luce blu” di “questo focolare”, come recitava la canzone di Arbore, altro nostro mito. Le varie battute e i tormentoni di Mai dire gol rivivevano per settimane e non di rado conoscevano una loro esistenza autonoma, finendo per diventare un pezzettino significativo del nostro vissuto domestico.

La piccola Lorenza, in particolare, era rapita dalle combinazioni comiche a cui assisteva e, anzi, spesso le anticipava riuscendo a prevenire l’esito di uno sketch o di una battuta. Come il buon tifoso di calcio pregusta il gol già all’inizio di un’azione promettente.

È poi successo che nella primavera del 1998 uno dei protagonisti di Mai dire gol, Claudio Bisio, venisse invitato nella scuola dove insegnava Gianni, nell’ambito di un circuito regionale. Lorenza, che aveva poco più di 8 anni, si assicurò un posto in prima fila e volle preparare un cartello con la scritta “Biru Biru sei grande” (Biru Biru era una parodia vivente – interpretata appunto da Bisio – degli allora imperanti tamagotchi, infernali giochi elettronici giapponesi).

Bisio ne fu contentissimo, chiedendo al fotografo presente in sala di riprendere il cartellone di Lorenza, che finì poi sul quotidiano locale.

E Teocoli? Nelle interviste emerge malinconia per la carriera in fase calante (comunque “io morirò sul palcoscenico”, ha confessato) e anche per certi dissapori con amici, ma soprattutto per il vero buco nero dei rapporti inesistenti con il padre.

Niente di nuovo: “Ridi pagliaccio”, intonava già la famosa opera di Mascagni.

Però Teo ha una consolazione potente. Crede in Dio, non va a Messa ma va in chiesa. E dove c’è un tabernacolo, la disperazione non vince.

cantiamolavita@katamail.com

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