L’amore è un lampredotto

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di Arianna Ferrari e Andrea Rovati

LEI

Riconosco di essere una donna molto fortunata ad avere un marito praticamente onnivoro che non muove mai pretese su cosa ci debba essere in tavola. Quando ne parlo con le amiche mi accorgo che non è scontato. Questa grazia mi consente di destreggiarmi tra i fornelli se sono particolarmente creativa o di giocare a ribasso quando sono di corsa. Lui mangia tutto ed è estremamente generoso nel darmi riscontri positivi anche se ciò che trova nel piatto è definibile al massimo come “commestibile”. In una coppia credo sia bello riconoscere i propri difetti ed esaltare i pregi dell’altro. Tra i miei limiti, per esempio, c’è il fatto di essere piuttosto critica su quello che porto in tavola e se, secondo il mio parere, la pietanza non risponde alle aspettative, esordisco con un «non mi piace»: il poveretto sa che toccherà a lui finire il tutto. Mi capita di cucinare il giorno prima se so che il giorno dopo arriverò tardi e quel sant’uomo accetta nella loro ripetitività e banalità ricette codificate come “i piatti del pomeriggio”. Sempre gli stessi, più o meno: seppie con i piselli, carne trita con i fagiolini o scaloppine con i funghi. Quando dico a mia madre cosa sto preparando, ride chiedendomi: «Ma non è stufo?». No… o forse sì… ma per amore o fame mangia. Talvolta con una tale dedizione che si può evitare di passare i piatti nel lavello prima della lavastoviglie o di fare il prelavaggio. Insomma, un marito tranquillizzante, molto paziente e anche a risparmio energetico.

arifer.77@libero.it

LUI

Quanta pazienza, Arianna, quanto amore. Sono nato all’ora di pranzo e forse da questo derivano un appetito gagliardo e un entusiasmo per il cibo che non vengono meno neanche in una spoglia mensa aziendale coi piatti di plastica, figuriamoci in casa con mia moglie o quando usciamo. Io sono cristiano e Cristo ha abolito i tabù alimentari, quindi sono onnivoro e non mi tiro di certo indietro. Arianna mi chiede se per cena mi va bene questo o quello ma davvero non capisco che problemi si faccia (e quanti se ne fanno spesso le mogli…): è ovvio che mi vada bene tutto. E poi mi segue con immenso amore e soprattutto con tanta tanta pazienza. A volte lo fa con entusiasmo, dalle cosce di pollo arrostite nelle strade della periferia di Kampala al chapati bisunto di un polveroso mercato del Nord Uganda; altre volte un po’ meno come quando mi metto alla ricerca del pane con la milza palermitano (u pani ca meusa, che contiene anche polmoni e trachea), del sublime lampredotto da passeggio fiorentino o delle varie preparazioni di rognone, per toccare l’apice con il sanguinaccio caraibico (il famigerato boudin… questa forse non me la perdonerà mai). Negli anni l’ho trascinata nei luoghi più disparati e ha assaggiato cibi improbabili, mormorando molti “…non è male” a denti stretti e chiaramente fasulli ma segno di un amore che dubito di meritare (e che almeno non meritavano tanti piatti, lo ammetto candidamente). Eppure lei sorride e mi segue ancora. Quanta pazienza, Arianna, quanto amore.

andrea.rovati.broni@gmail.com

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