«Gesù Re umile e pacifico»

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La Pasqua in un teatro di guerra. Il Papa ha presieduto la celebrazione della Domenica delle Palme ed è tornato a invocare la pace condannando l’attentato di Mosca. Intanto è iniziata la Settimana Santa anche a Gaza e in Israele

DI MARCO REZZANI

In una piazza san Pietro gremita da oltre 60 mila persone, il Papa ha presieduto la celebrazione della Domenica delle Palme, posta all’inizio della Settimana Santa. Francesco non ha tenuto l’omelia della Messa, celebrata dal Prefetto del Dicastero per le Chiese orientali, Card. Claudio Gugerotti, ma è stato in silenzio alcuni minuti subito dopo la lettura della Passione del Signore secondo Marco.

Al termine della funzione, direttamente dal sagrato della basilica, il Santo Padre ha pronunciato l’Angelus, prima di impartire la sua benedizione e di compiere un ampio giro in papamobile per salutare i fedeli e i pellegrini.

Nelle sue parole la preghiera per le vittime del «vile attentato terroristico» di Mosca, chiedendo a Dio di accogliere i morti, confortare i famigliari e convertire «i cuori di quanti progettano, organizzano e attuano queste azioni disumane che offendono Dio, il quale ha comandato: ‘Non ucciderai’». Poi il pensiero agli altri “teatri” di guerra, Ucraina e Terra Santa in particolare. Francesco, ricordando che in questa Domenica delle Palme «Gesù è entrato in Gerusalemme come Re umile e pacifico», ha chiesto ai fedeli di aprire a Lui i cuori perché Lui solo «ci può liberare dall’inimicizia, dall’odio, dalla violenza, perché Lui è la misericordia e il perdono dei peccati». Ha quindi invocato la preghiera per chi soffre per via della guerra, guardando alla «martoriata» Ucraina, dove tantissima gente si trova senza elettricità a causa degli intensi attacchi contro le strutture che oltre a causare morte e sofferenza comportano il rischio di una catastrofe umanitaria di ancora più ampie dimensioni».

«Gaza – ha detto Francesco – soffre tanto». Senza dimenticare uno sguardo particolare alla Colombia, alla comunità di Pace di San José de Apartadò, dove nei giorni scorsi sono stati uccisi una donna e un ragazzo, moglie e fratello di uno dei leader della comunità che– ha ricordato il Papa – «nel 2018 è stata premiata come esempio di impegno per l’economia solidale, la pace e i diritti umani».

In più occasioni, il Pontefice ha confidato di telefonare ogni sera alla parrocchia di Gaza.

Anche qui, nel pieno delle guerra che insanguina ancora una volta la terra di Gesù, si è celebrata la Domenica delle Palme. È suor Nabila Saleh, dell’Istituto delle Suore del Rosario di Gerusalemme, a raccontare al Sir (Servizio Informazione Religiosa) questo inizio della grande Settimana: «Abbiamo partecipato alla processione delle Palme e alla Messa celebrata da padre Youssef Asaad, vicario patriarcale. Ci è stata data una parola di speranza e di pace e abbiamo tutti pregato perché il prossimo anno si possa trascorrere una Pasqua senza guerra. Dobbiamo restare saldi nella fede perché è l’unica cosa che abbiamo».

«Abbiamo compiuto – spiega la religiosa – una processione in circolo dentro il piazzale antistante la chiesa e un canto prolungato di Osanna ha seguidato la processione che ha attraversato la Città Santa dal santuario di Betfage, sul Monte degli Ulivi, fino alla chiesa di Sant’Anna. Una manifestazione religiosa che è stata quest’anno senza pellegrini e cristiani locali, a causa delle pesanti restrizioni imposte dagli israeliani dopo lo scoppio della guerra il 7 ottobre scorso. gnato questo inizio di Settimana Santa per i fedeli sotto le bombe e di nuovo circondati dall’esercito di Israele che è tornato a combattere intorno all’ospedale di alShifa, nel Nord di Gaza, non distante da al-Zeitoun, il quartiere di Gaza City dove si trova la parrocchia».

Qui il cibo scarseggia e si riesce a cucinare una o due volte alla settimana in quanto «acquistare da mangiare è proibitivo» a causa dei prezzi elevatissimi. Gli aiuti, quando arrivano, non vedono giustizia nella loro distribuzione, a discapito dei più deboli. I riti del Triduo Santo saranno celebrati di pomeriggio per motivi di sicurezza.

«Da fuori – conclude suor Nabila– non potete capire cosa sta realmente avvenendo qui. Gaza praticamente è stata rasa al suolo per interi quartieri, la guerra è brutta. Ciò che stiamo vivendo non è un gioco e qui ci chiediamo se e quando sarà ricostruita Gaza. Quale sarà il futuro di questa terra. Ci vorranno anni per rivedere un po’ di luce. Eravamo in tanti a pensare queste cose quando agitavamo le Palme in processione. A consolarci i sorrisi dei più piccoli, dei bambini, per i quali chiediamo un futuro di pace. Da parte nostra non possiamo fare altro che aggrapparci alla fede in Gesù Risorto».

A Gerusalemme il Patriarca latino card. Pierbattista Pizzaballa ha «Siamo qui – ha detto il cardinale– per ribadire ancora una volta il nostro amore a Gesù, il nostro amore alla Sua città, alla quale noi apparteniamo e che noi amiamo, alla Sua Terra, che è anche la nostra. Una Terra che è Santa ma oggi ferita, perché invasa da tanto odio e rancore. Ma guai a noi a lasciarci contaminare da tutto ciò. Vogliamo qui chiedere a Dio che preservi il nostro cuore da questi sentimenti di inimicizia. Preghiamo per la pace di Gerusalemme. Una pace che sia accoglienza cordiale e sincera dell’altro, volontà tenace di ascolto e di dialogo, strade aperte su cui la paura e il sospetto cedano il passo alla conoscenza, all’incontro e alla fiducia, dove le differenze siano opportunità di compagnia e non pretesto per il rifiuto reciproco».

Anche in Ucraina è iniziata la Settimana Santa. Sotto le bombe, in un’escalation che ha visto Kiev, Leopoli, Odessa attaccate di nuovo pesantemente nei giorni scorsi. «Neppure i bombardamenti fermeranno le celebrazioni della Settimana Santa». Sono parole del vescovo di Kharkiv-Zaporizhzhia, Pavlo Honcharuk, alla guida di una Diocesi da cui passa l’intera linea del fronte: mille chilometri che dividono l’Ucraina libera da quella occupata con una parte della Diocesi stessa in mano all’esercito di Mosca in cui il presule non può più mettere piede. «I nostri preti sono pronti a celebrare in qualsiasi modo. – afferma – Siamo coscienti della situazione molto difficile ma Cristo risorge anche e soprattutto per un popolo che è schiacciato dal male, dal dolore, dall’ingiustizia».

(Foto: Siciliani-Gennari/SIR)

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