Le piccole matematiche

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Di Davide Bianchi

La società è per sua stessa natura eterogenea e sfaccettata. Tralasciando l’insindacabile e inviolabile questione concernente l’universalità di diritti e doveri di ognuno, la categoria del singolo, per usare un’espressione cara a Kierkegaard, sembra delimitare l’orizzonte di senso sul quale si viene a stagliare qualsivoglia riflessione sul significato dell’essere comunità. Il tema riguardante l’individualità di ciascuno, la sua inalienabile e irriducibile identità, la sua storia, il suo background e il suo caratteristico ed esclusivo modo d’essere, non può essere liquidato come un mero dato di fatto opaco e contingente, o grossolanamente derubricato a un qualcosa di radicalmente insondabile e indefinibile. Lontano dall’essere destinati a solitari e laconici naufragi verso sterili derive individualistiche e autoreferenziali, mi piace pensare che le nostre rispettive differenze e singolarità siano, nel cuore del tessuto sociale, non ferite, bensì feritoie, fenditure attraverso le quali filtra la luce che permette di distinguere forme e figure nell’oscurità di una stanza chiusa. Nel mio gruppo ho quattro bambine che in questa fase del loro percorso scolastico evidenziano spiccate abilità di calcolo, inclusa una notevole rapidità di esecuzione del lavoro. Finiscono sempre prima degli altri, vengono alla mia cattedra con i risultati delle operazioni e delle varie esercitazioni matematiche e raramente sbagliano qualcosa. Divorano schede ed esercizi con una voracità quasi predatoria e a loro riservo sempre un extra, del lavoro in più. A volte rifilo loro cose più complesse o addirittura che non abbiamo ancora fatto, giusto per metterle un pochino in crisi e vedere come se la cavano. Mi scrutano un po’ perplesse però accettano sempre la sfida. Ma quello che io chiedo sempre loro di fare, al termine delle attività, quando hanno esaurito tutto il materiale fornito, è di sedersi accanto a qualche compagno che ha ancora un po’ di difficoltà nel portare a termine il lavoro. Sanno che devono fornirgli un supporto, un ausilio, aiutarlo nel calcolo e nel ragionamento senza sostituirsi ad esso. Sanno che devono mettere a disposizione del gruppo le loro capacità, farle circolare, rendersi utili a una causa più alta: la nostra. I compagni accettano volentieri di condividere parte del lavoro con queste bambine, sembrano più sereni. Lungi dall’aumentare le distanze, le piccole matematiche fanno la differenza anche riducendole.

biadav@libero.it

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