S. guerriero con la matita

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Di Davide Bianchi

Il protagonista di oggi è S., un altro personaggio della classe nella quale lavoro. La sua squadra del cuore è il Napoli, ma tifa anche l’Oltrepò Calcio, team nel quale milita, palesando la sua forte vocazione identitaria e il suo devoto spirito d’appartenenza. S. non ha ancora 7 anni, capelli corti, corporatura minuta, un po’ gracile e di rado quando ti parla ti guarda dritto negli occhi. Se si rivolge all’adulto, la sua voce è sommessa, sembra quasi misurare le parole da proferire al fine di ridurre il contenuto all’essenziale. Ciò a conferma della sua indole, in questa sua fase, alquanto introversa e dei suo modi laconici e telegrafici di relazionarsi, almeno con noi. Diciamo che se uno di voi lettori entrasse in classe, non lo noterebbe subito perché S. è uno che preferisce restare un po’ defilato, forse per studiare la situazione, forse perché non è il tipo che dà istantaneamente confidenza al primo che passa. Ma state attenti e non fatevi ingannare dalle apparenze, perché dietro quell’esile bambino riservato si cela, in realtà, una titanica forza di volontà, un senso dell’abnegazione e una dedizione al lavoro e alla causa impressionanti. L’attitudine a lavorare sodo, a testa bassa, ma soprattutto l’irriducibile impegno e a tratti la toccante solerzia che S. impiega non solo nel fare le cose, ma nel voler a tutti i costi superare le difficoltà e migliorarsi, gli hanno fatto guadagnare in pochi mesi il valoroso e pugnace appellativo di “the warrior”, il guerriero. Soprannome di cui S. va molto fiero e ha ragione. Sì, perché l’esordio di S. tra i banchi della prima elementare non è stato semplicissimo, sin dal primo giorno quando, a causa di un errore da parte del personale scolastico, era l’unico senza zaino e materiale per lavorare. Inoltre, aveva difficoltà nella manualità fine: usava le forbici con entrambe le mani come fossero cesoie e impugnava la matita stringendo tutte e cinque le dita come se avesse in mano un mestolo e ciò gli impediva di vedere e seguire il tratto, oltre che fare un’enorme fatica a causa della rigidità della presa. Anche il senso della spazialità sembrava carente: riportava grafemi senza linearità logica, non solo in qualsiasi punto del foglio, ma addirittura anche in pagine diverse. Eppure S. non ha mai dato segni di cedimento. Anzi, ha lavorato su di sé, con un’alacrità e una tenacia senza pari, superando le difficoltà. E ora, quando è il momento di scrivere, quella matita è diventata una spada. Eroico.

biadav@libero.it

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