Sarà un marzo “caldo” per il futuro dell’ex Ilva

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I lavoratori attendono il piano industriale e il rinnovo della cassa integrazione

NOVI LIGURE – Marzo potrebbe essere decisivo per il futuro dell’ex Ilva. Nei giorni scorsi, i vertici aziendali hanno annunciato la volontà di riavviare l’altoforno 5 di Taranto, il più grande d’Europa, ormai inattivo da 7 anni. L’obiettivo sarebbe arrivare al fine vita previsto per il 2032 e puntare su forni elettrici.

Un’intenzione ancora tutta da confermare, che andrebbe controcorrente rispetto al processo di decarbonizzazione degli impianti presenti in Italia nell’ottica di una svolta industriale green. Operazioni che, secondo Acciacierie d’Italia, porterebbero a investimenti per 2 miliardi in 5 anni. Cambiamenti sulla carta importanti che dalla Puglia porterebbero a inevitabili conseguenze anche negli altri stabilimenti, tra cui quello novese per il quale si parla per ora di un generico “aumento e diversificazione della capacità produttiva”. La sensazione è che tutte le risposte arriveranno una volta presentato il tanto atteso piano industriale che i lavoratori stanno aspettando ormai da lungo tempo per capire le intenzioni della società sia sul fronte produttivo sia su quello occupazionale. «Il discorso sulla riapertura dell’altoforno 5 è ancora in divenire, anche perché ci sono dei problemi relativi al corretto funzionamento dell’altoforno 4 che vanno avanti da dicembre. – spiega Federico Porrata, delegato rsu Fiom-Cgil – Criticità che portano a una riduzione della produzione giornaliera che ha conseguenze dirette su Novi. Per questo motivo si sta ragionando di ridurre i turni in alcuni reparti, mentre altri sono già stati messi in cassa integrazione in attesa dell’arrivo materie prime i per proseguire il lavoro».

Uno degli aspetti attualmente più importanti riguarda la richiesta dell’azienda di aprire le procedure per la cassa integrazione straordinaria, e non più ordinaria, a partire dal 28 marzo per un anno. «Quella ordinaria che abbiamo fatto nelle ultime 26 settimane e che scadrà il 27 marzo era già stata trasformata in cassa Covid, come previsto da decreto per le realtà con almeno 1000 dipendenti. – prosegue – Sono già in programma alcuni incontri per arrivare a un accordo sui nuovi ammortizzatori sociali a fronte di un impegno sugli investimenti e sulla presentazione del piano industriale». Al momento sono 150 le persone coinvolte su un totale di oltre 600 lavoratori. «La cassa straordinaria va concordata con Governo e organizzazioni sindacali. – conclude Porrata – L’azienda adesso deve uscire allo scoperto, cosa che non ha fatto per 2 anni.

Il nuovo piano deve farci capire cosa vogliono fare e con quante persone. Per ora è ancora in dubbio il passaggio allo Stato della maggioranza delle azioni di Acciaierie d’Italia, previsto per maggio».

Luca Lovelli

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