Progettare il futuro. Ma solo con «il pensiero delle cattedrali»

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Sul tema della rete sanitaria territoriale servono scelte lungimiranti. La stagione dei tagli ha messo in ombra gli ospedali più piccoli. Come a Stradella e a Tortona. Non mancano le sperimentazioni: ce lo racconta il dottor Piccioni di Lodi, il Doc di Rai Uno, che ha perso la memoria di 12 anni di vita

di Pierangela Fiorani

Leggo una riflessione del filosofo Telmo Pievani: «La prossima volta che in televisione vedrete le scene di una foresta abbattuta dai bulldozer, pensate a Covid-19 e a quanto vi ha fatto soffrire. Cosa c’entra? Quegli alberi schiantati per far posto a piantagioni e pascoli, sono il punto di partenza di una catena di eventi che conduce alla pandemia». Penserete che la prenda un po’ alla larga, dal momento che, anche alla luce dell’approfondita inchiesta che questo giornale ha condotto sull’ospedale di Tortona, vorrei insistere oggi sul tema della rete sanitaria sul territorio e sui fondamentali presidi ospedalieri, che sono e dovranno restare snodi irrinunciabili nel futuro. La parola chiave che tiene uniti argomenti che paiono distanti anni luce è proprio “futuro”. Il futuro arriva, indipendentemente che noi lo vogliamo o no, ma sta a noi decidere come sarà. Lo facciamo, in realtà, con ogni gesto che compiamo. Quotidianamente. Lo decliniamo al positivo o al negativo con le nostre scelte e le nostre “non scelte”. Per questo occorre avere una visione che va oltre l’immediato domani. Avverte sempre il filosofo che nel mettere le basi al futuro serve «il pensiero delle cattedrali», che bisogna cioè costruire sapendo che il risultato lo vedranno i figli, o i nipoti. I nostri ospedali di territorio sono stati voluti, costruiti e fatti crescere in anni ormai lontani con uno sguardo che sapeva spingersi più in là rispetto al tempo comunque breve dei singoli uomini, delle singole donne, che generosamente hanno dato contributi di idee, quando non anche di patrimoni, per la salute della gente delle nostre terre.

La stagione dei tagli, degli smantellamenti, in nome di risparmi che manager rampanti chiedevano al pubblico, mentre si espandevano – e meno male, per certi versi – le strutture private convenzionate, ha messo in ombra proprio gli ospedali più piccoli sempre costretti a lottare con le unghie e con i denti per tenere reparti attivi, sale operatorie aperte, servizi ambulatoriali con esami anche complessi sempre efficienti. Per restare vivi, in una parola, non svuotati pezzo a pezzo fino a trovarsi inutili e, dunque, da sopprimere.

Oggi c’è il Covid che incombe, che chiede di mettere in stand-by intere ali di questi nosocomi periferici. Giusto esserci, giusto dare una mano alle strutture più grandi e più centrali. Sarebbe sbagliato però far fronte all’oggi senza tenere alta l’attenzione su un futuro che, siamo certi, per fortuna e speriamo il più presto possibile, verrà. In ogni caso non mancherà in quel futuro il solito carico di necessità di difesa della salute e di cura a cui occorrerà far fronte anche sul territorio. Con i nostri ospedali a quel punto non diventati inutili perché non c’è più la pandemia. Non è il caso di gridare al lupo quando il lupo non c’è? Meglio in ogni caso non farsi trovare sguarniti di difese. A Stradella resta chiuso il punto nascite. Causa Covid, dicono. Ma quante volte quello stesso servizio è stato messo in discussione negli ultimi anni, prima che il virus ribaltasse tutto? Quante volte si sono ridotti altri interventi per il taglio degli anestesisti? A Tortona si affaccia un gruppo privato che vorrebbe tenere vivo l’ospedale tendendo la mano al pubblico. Porterà energie nuove? Servizi più puntuali? Sempre più vicini a una popolazione che invecchia e che ha bisogno di cure all’avanguardia senza doversi imbarcare in infiniti e faticosi viaggi della speranza? Bene. Al pubblico spetta naturalmente di fare patti forti e chiari con i nuovi alleati. Le amministrazioni locali si facciano garanti di questi patti. È il momento per gli amministratori di oggi di mettere tutti al riparo da eventuali smemoratezze di domani. E, anche, di lavorare per organizzare reti territoriali che in tema di salute e cura tengano strettamente uniti gli ospedali agli altri presidi distribuiti nelle diverse zone.

C’è una sperimentazione importante al riguardo che si sta portando avanti nella zona di Lodi. È guidata dal dottor Pierdante Piccioni diventato famoso dopo aver perso la memoria di 12 anni di vita in seguito a un incidente stradale. La sua storia, raccontata in un libro, sta avendo grande successo in una serie tv che va in onda in queste settimane su Rai Uno (titolo Doc – Nelle tue mani). Il dottor Piccioni, dopo essere stato primario di Pronto soccorso, sta costruendo per sé medico, ma soprattutto per la salute delle persone su cui ha pronunciato il giuramento di Ippocrate, un servizio che serva a far dialogare meglio l’ospedale con il territorio intorno grazie a una squadra in cui ci sono anche infermieri e assistenti sociali. Lo ha fatto cominciando dai pazienti ex Covid. «In futuro, dice, sarà sempre più importante lavorare in questo senso». Quale futuro? Lui che ha perso un pezzo importante del suo passato non mette limiti al tempo che verrà. Costruisce con in testa il «pensiero delle cattedrali».

pierangelafiorani@gmail.com

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