«La montagna mi insegna a essere migliore, a raggiungere felicità insperate»

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Luigi Mario Faggi: il neurologo e psichiatra con la passione per l’alpinismo. Che oggi ha raccontato in un libro, La roccia, le sfide, le storie. La presentazione è di Pierangelo Lombardi

di Marco Rezzani

Luigi Mario Faggi, classe 1940, di Broni, ora residente a Stradella, è un medico con specializzazione in Neurologia-Psichiatria e Neurofisiologia Clinica, già Primario ospedaliero e docente alla scuola di specialità in Clinica Neurologica dell’Università di Pavia.

Ha da poco dato alle stampe il libro La roccia, le sfide, le storie (edito per i tipi di Primula Editore) in cui racconta del suo incontro con la montagna che è stato determinante per la sua vita, palestra e occasione per contemplare scenari di infinita bellezza. Un incontro avvenuto tardi: «Ho deciso – spiega Faggi – di diventare arrampicatore alla non più tenera età di 50 anni e sono andato avanti fino ai 63, prolungando quella escursionistica fino alla soglia degli 80».

Qual è la scintilla che ha fatto scoccare in lei l’amore per la montagna e per l’alpinismo? Ha un ricordo particolare?

«Forse l’amore per la montagna lo si porta dentro da sempre come predisposizione, anche se a livello non conscio, e spesso si rende palese improvvisamente attraverso un singolo episodio significativo. Nel mio caso, un viaggio sulle Dolomiti, fatto in compagnia di mia moglie, durante il quale, per curiosità, abbiamo compiuto una breve escursione attorno alle fantastiche Cime di Lavaredo. Il mondo che si andava, tratto tratto, svelando ai miei occhi ha assunto velocemente i caratteri di una rivelazione, che doveva segnare la mia vita.

La spinta verso l’alpinismo vero e proprio, che è la forma più completa e affascinante della pratica alpina, ma certamente non la più saggia, è avvenuta quasi contemporaneamente alla rivelazione della montagna, osservando e ammirando dei rocciatori che stavano scalando lo spigolo sud del Sass Pordoi. Capii subito che quello dell’alpinismo di roccia sarebbe stato il punto d’arrivo del mio percorso di montagna… Ma ci sarei arrivato solo dopo alcuni anni di più sano escursionismo».

E da lì una lunga serie di avventure…

«Certo, da lì una lunga serie di avventure e, come stavo dicendo, prima in forma di escursioni ai vari rifugi, poi di escursionismo alpinistico, cioè volto alla “conquista” delle vette meno difficili, poi, come evoluzione naturale, di quelle più alte e difficili. Infine, sotto la spinta di varie motivazioni, che ho cercato di spiegare nel libro, ecco l’approdo al mondo affascinante della roccia».

Tra le tante c’è un’arrampicata che porta nel cuore e di cui ci vuole brevemente raccontare?

«Forse la più significativa, perché determinante per il futuro della mia pratica alpinistica, è stata proprio la meno importante quanto a difficoltà: la prima scalata. In questa, giunto al secondo tiro di corda, rimango angosciosamente incrodato, cioè incapace di continuare a salire e al tempo stesso di scendere. È una situazione di panico da cui riesco a uscire solo dopo un breve colloquio chiarificatore con me stesso che mi fornisce la determinazione necessaria per vincere quell’ostacolo che mi sembrava insuperabile. In quell’occasione ho capito che forza di volontà, fiducia, determinazione sono decisive per ogni successo che apparentemente sembra poggiare solo su prestazioni eminentemente fisiche».

E ora un libro. Da dove è nata questa decisione di mettere nero su bianco la sua carriera di alpinista?

«L’idea di scrivere un libro di memorie, e non solo, della montagna è nata quasi improvvisamente durante il secondo lockdown dovuto al Covid-19, come mezzo per combattere la noia, che necessariamente ne conseguiva (io vivo da solo), ed evadere spiritualmente. Ma se questo è stato l’elemento contingente, altri più sostanziali si sono aggiunti nel corso dell’opera: in primis il debito di riconoscenza verso gli amici e i compagni, grazie ai quali ho potuto conseguire, in montagna, traguardi di felicità insperati. In secondo luogo, il cogliere in questa impresa il senso di un’altra sfida, di diverso carattere ma non meno impegnativa di quelle alpinistiche. Da ultimo, il legittimo desiderio di tramandare fatti di un certo rilievo della propria vita, di cui si è indubbiamente orgogliosi, sottraendoli all’inesorabile oblio. Ma, col procedere dello scritto, con il sorgere di nuove idee, il mezzo, di cui parlavo, si è trasformato in fine».

Nel volume ci sono tante suggestioni: la sfida con se stessi, la paura, il pericolo, l’entusiasmo, ma anche il risvolto fisico e medico. Soprattutto c’è l’etica della montagna come scrive Pierangelo Lombardi nella sua bella presentazione. La montagna che valori insegna ancora agli uomini e alle donne del nostro tempo?

«Non sono a conoscenza di un’etica scritta della montagna, ma, per me, è certamente un’etica che si rifà a quella tradizionale, essenzialmente legata al dovere, ma qui nobilitata dall’amore e che dovrebbe essere sentita fortemente da ogni praticante. È innanzitutto profondo rispetto per la montagna e per la natura; è determinazione a difenderla da ogni contaminazione; è attenzione e cura per ogni sua forma di vita, sia essa animale o vegetale. Nei riguardi degli altri frequentatori delle vette, l’etica della montagna esige l’agire con lealtà e solidarietà, mirando a valori quali l’amicizia, il cameratismo e la socializzazione; è riconoscimento sincero del valore e dei meriti altrui; è l’essere preparati e adeguati all’impresa che si intende intraprendere, pronti a rinunciare e a tornare indietro nel caso che le cose si stiano mettendo male. È soprattutto il giusto posizionamento del proprio essere uomo di montagna con la montagna stessa: vale a dire sentire fortemente di trovarsi al proprio posto. Infine, a livello ideale, è aspirazione e tendenza a essere migliori e ad arricchire la propria personalità».

Che cosa direbbe a una persona, magari a un giovane, che volesse avvicinarsi alla montagna?

«Per me c’è una sola cosa da dire e da ripetere a un giovane interessato: prudenza, prudenza, prudenza. Se senti di dover andare in montagna, fallo, fallo senz’altro, ma sempre con saggezza, con sicurezza, con giusta aspirazione, con ponderato coraggio, con virtuosa tenacia e soprattutto con prudenza, tanta prudenza. La tua vita è troppo importante».

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