La lezione di Lino Maga in un docufilm

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Realizzato da Stefano Calvi ed Ermanno Bidone, è stato presentato ieri al Vinitaly di Verona

Ieri, mercoledì 13 aprile, è stato presentato in anteprima a Vinitaly 2022, presso il padiglione del Ministero per le Politiche agricole, il docufilm Maga Lino. Un contadino. Una terra. Il coraggio. Si tratta di un omaggio dedicato a Lino Maga, il vignaiolo del Barbacarlo, scomparso a inizio 2022, a Broni, all’età di 90 anni. Il prodotto editoriale è un tributo a un uomo che ha fatto epoca e ha segnato la storia della viticoltura italiana e oltrepdana in particolare. Grazie alla sua ostinata e positiva convinzione di fare qualità è diventato negli anni un simbolo per il mondo del vino. Il suo Barbacarlo è oggi assurto a mito dell’enologia italiana: mai uguale a se stesso, coerente con l’annata e in continua evoluzione in bottiglia. Un rosso controcorrente e libero. Proprio come Maga Lino, come amava presentarsi.

La produzione del docufilm è firmata da Il Quattro – Studio di Idee, società di comunicazione con sede a Garlasco in Lomellina, specializzata in food & wine, con la regia di Ermanno Bidone, visual storyteller con all’attivo diversi progetti a livello internazionale e la collaborazione tecnica della società Storytells di Massimiliano Serra.

Stefano Calvi, giornalista che da anni si occupa di enogastronomia e socio titolare de Il Quattro, ed Ermanno Bidone accarezzavano l’idea di raccontare la storia di Lino da qualche anno. Da quando, grazie al loro lavoro, sono entrati in contatto con lui. E se scrivi, filmi e racconti di questa terra, l’Oltrepò pavese, è impossibile che non ti capiti di parlare di vino. E se racconti di vino, qui, è impossibile non imbattersi in lui. Al di là della retorica, delle belle parole, del romanticismo fine a se stesso, «qui c’è un patrimonio da salvare, le terre dei nostri avi, fa male vederle abbandonate» – diceva Lino.

«Dopo alcune interviste, lo scorso anno, con l’amico e collega Ermanno Bidone – spiega Calvi – abbiamo deciso che non si poteva più procrastinare: Lino stava per compiere 90 anni, il tempo a nostra disposizione iniziava ad affievolirsi. Questo documentario, in prima battuta, avrebbe dovuto avere una sola voce. La sua. Immaginavamo una sorta di testamento che, quando non ci sarebbe stato più, avrebbe raccontato e ispirato i giovani, a cui lui teneva tantissimo e che non mancavano mai nei suoi racconti. E invece le cose sono andate diversamente. La sua salute ha iniziato a vacillare e non c’è più stato modo di realizzare quell’ultima intervista. La notizia della sua scomparsa mi ha raggiunto nel periodo delle feste natalizie. Abbiamo perso una grande occasione, pensai. Insieme a Ermanno, iniziammo a riascoltare le registrazioni fatte negli ultimi anni. Di materiale ce n’era. Venne fuori questa idea di usarlo. Mettendolo in dialogo con alcune persone che lo avevano conosciuto e che avrebbero potuto svelarci particolari inediti della sua vita e del suo pensiero, o anche solo testimoniare l’importanza del suo messaggio». Chi sono questi personaggi legati indissolubilmente all’intramontabile figura di Lino Maga? Il figlio Giuseppe, che porta avanti non solo un’azienda ma, più importante, un pensiero di genuinità e attaccamento alla terra; Claudio Rinaldi, giornalista, direttore responsabile della Gazzetta di Parma e biografo di Gianni Brera, grande amico e supporter di Lino; Ottavia Vistarino, la contessa “vignaiola” di Rocca de’ Giorgi; il giovane presidente della Fivi (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti) Alessio Brandolini; Walter Massa, il vignaiolo dei colli Tortonesi, altro grande estimatore e amico di Lino. E Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, che ha saputo tratteggiare la figura dell’amico Lino con rara maestria, inserendola nel contesto, epocale, della transizione verso un mondo nuovo.

«Questo non è un racconto, didascalico, della vita di Lino, l’ho pensata più come a una sorta di successione di quadri. E di dialoghi. Tra lui e le persone che lo hanno conosciuto, l’hanno amato e apprezzato. – conclude il regista, Ermanno Bidone – E sono tanti, troppi, davvero. Ci è dispiaciuto non poter raccogliere altre testimonianze, ma il tempo è tiranno. Perché prima che un vignaiolo, un contadino, come amava definirsi con orgoglio, Lino era un filosofo, un poeta».

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