La nostra esistenza sempre a servizio del bene

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Dignitas infinita. La seconda parte della Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede riflette su alcuni temi importanti mettendo al primo posto la sacralità della vita: eutanasia, suicidio assistito, gender e violenza digitale

DI MARCO REZZANI

Lo scorso 8 aprile è stata pubblicata la Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità umana, a cura del Dicastero per la Dottrina della Fede, guidato dal cardinale Victor Manuel Fernandez. In questa seconda parte del nostro “focus” sul documento vaticano, che continuiamo a leggere insieme, vi proponiamo le altre “gravi violazioni della dignità umana” che si pongono “contro la vita stessa”.

La povertà

“Uno dei fenomeni che contribuisce considerevolmente a negare la dignità di tanti esseri umani è la povertà estrema, legata all’ineguale distribuzione della ricchezza”. La Dignitas pone l’accento sull’aumento delle disuguaglianze e contesta la “distinzione sommaria tra Paesi ricchi e Paesi poveri”. “Nei Paesi ricchi nuove categorie sociali si impoveriscono e nascono nuove povertà” – osserva mentre “in aree più povere alcuni gruppi godono di una sorta di super sviluppo dissipatore e consumistico che contrasta in modo inaccettabile con perduranti situazioni di miseria disumanizzante”. E continua evidenziando “lo scandalo di disuguaglianze clamorose, dove la dignità dei poveri viene doppiamente negata, sia per la mancanza di risorse a disposizione per soddisfare i loro bisogni primari, sia per l’indifferenza con cui sono trattati da coloro che vivono accanto a loro”.

Maternità surrogata

La maternità surrogata è una pratica “deprecabile” che “lede gravemente la dignità della donna e del figlio” e va proibita “a livello universale”. A ribadirlo, sulla scorta di Papa Francesco, è la Dignitas infinita, in cui si riafferma che “la via della pace esige il rispetto della vita, di ogni vita umana, a partire da quella del nascituro nel grembo della madre, che non può essere soppressa, né diventare oggetto di mercimonio”. La maternità surrogata, in particolare, “è fondata sullo sfruttamento di una situazione di necessità materiale della madre”, ma “un bambino è sempre un dono e mai l’oggetto di un contratto”. Essa viola, innanzitutto, la dignità del bambino, che “ha il diritto, in virtù della sua inalienabile dignità, di avere un’origine pienamente umana e non artificialmente indotta, e di ricevere il dono di una vita che manifesti, nello stesso tempo, la dignità di chi dona e di chi riceve” come pure “la dignità della donna stessa che ad essa è costretta o decide liberamente di assoggettarvisi”. “Con tale pratica, la donna si distacca dal figlio che cresce in lei e diventa un semplice mezzo asservito al guadagno o al desiderio arbitrario di altri”.

Eutanasia e suicidio assistito

“La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata. E questo principio etico riguarda tutti, non solo i cristiani o i credenti”. “Le leggi che riconoscono la possibilità dell’eutanasia o del suicidio assistito si designano a volte come ‘leggi di morte degna’”, si obietta nel testo: “È assai diffusa l’idea che l’eutanasia o il suicidio assistito siano coerenti con il rispetto della dignità della persona umana”. Al contrario, si deve ribadire che “la sofferenza non fa perdere al malato quella dignità che gli è propria in modo intrinseco e inalienabile, ma può diventare occasione per rinsaldare i vincoli di una mutua appartenenza e per prendere maggiore coscienza della preziosità di ogni persona per l’umanità intera”. “Certamente la dignità del malato in condizioni critiche o terminali chiede a tutti sforzi adeguati e necessari per alleviare la sua sofferenza tramite opportune cure palliative ed evitando ogni accanimento terapeutico o intervento sproporzionato” – si precisa nel documento – facendo notare che le cure palliative rispondono al “dovere costante di comprensione dei bisogni del malato: bisogni di assistenza, sollievo dal dolore, bisogni emotivi, affettivi e spirituali”.

Il gender

È “contrario alla dignità umana il fatto che in alcuni luoghi non poche persone vengano incarcerate, torturate e perfino private del bene della vita unicamente per il proprio orientamento sessuale”. In continuità con il magistero di Papa Francesco, il Dicastero evidenzia però le “decise criticità presenti nella teoria del gender” e chiarisce che “i tentativi compiuti negli ultimi decenni di introdurre nuovi diritti, non pienamente consistenti rispetto a quelli originalmente definiti e non sempre accettabili, hanno dato adito a colonizzazioni ideologiche, tra le quali ha un ruolo centrale la teoria del gender, che è pericolosissima perché cancella le differenze nella pretesa di rendere tutti uguali”. “La vita umana, in tutte le sue componenti, fisiche e spirituali, è un dono di Dio, che va accolto con gratitudine e posto a servizio del bene” – riafferma la Dichiarazione. “Voler disporre di sé, così come prescrive la teoria del gender, indipendentemente da questa verità basilare della vita umana come dono, non significa altro che cedere all’antichissima tentazione dell’essere umano che si fa Dio ed entrare in concorrenza con il vero Dio dell’amore rivelatoci dal Vangelo”. La teoria del gender, inoltre, “vuole negare la più grande possibile tra le differenze esistenti tra gli esseri viventi: quella sessuale”, che “raggiunge, nella coppia uomo-donna, la più ammirevole delle reciprocità ed è così la fonte di quel miracolo che mai smette di sorprenderci che è l’arrivo di nuovi esseri al mondo”.

Cambio di sesso

“Qualsiasi intervento di cambio di sesso, di norma, rischia di minacciare la dignità unica che la persona ha ricevuto fin dal momento del concepimento”. “Questo non significa – le parole degli autori – escludere la possibilità che una persona affetta da anomalie dei genitali già evidenti alla nascita o che si sviluppino successivamente, possa scegliere di ricevere assistenza medica allo scopo di risolvere tali anomalie”. In questo caso, per il Dicastero guidato dal card. Fernandez, “l’intervento non configurerebbe un cambio di sesso nel senso qui inteso”. “La dignità del corpo non può essere considerata inferiore a quella della persona in quanto tale”. L’essere umano è, infatti, “composto inscindibilmente di corpo e anima e il corpo è il luogo vivente in cui l’interiorità dell’anima si dispiega e si manifesta, anche attraverso la rete delle relazioni umane. Il corpo umano partecipa della dignità della persona, in quanto esso è dotato di significati personali, particolarmente nella sua condizione sessuata”.

La violenza digitale

“Il progresso delle tecnologie digitali, che pure offrono molte possibilità per promuovere la dignità umana, inclina sempre più alla creazione di un mondo in cui crescono lo sfruttamento, l’esclusione e la violenza, che possono arrivare a ledere la dignità della persona umana”. Si legge così nella Dignitas infinita riguardo il “lato oscuro del processo digitale”, grazie al quale è diventato “facile mettere in pericolo la buona fama di chiunque, con notizie false e con calunnie”. “I media digitali possono esporre al rischio di dipendenza, di isolamento e di progressiva perdita di contatto con la realtà concreta, ostacolando lo sviluppo di relazioni interpersonali autentiche”. Senza dimenticare il cyberbullismo, la pornografia, lo sfruttamento delle persone a scopo sessuale, il gioco d’azzardo. È quindi necessario “verificare continuamente che le attuali forme di comunicazione ci orientino effettivamente all’incontro generoso, alla ricerca sincera della verità piena, al servizio, alla vicinanza con gli ultimi, all’impegno di costruire il bene comune”.

Lo scarto dei diversamente abili

“Un criterio per verificare una reale attenzione alla dignità di ogni individuo è, ovviamente, l’assistenza fornita ai più svantaggiati. Il nostro tempo, purtroppo, non si distingue molto per tale cura: in esso va imponendosi, in verità, una cultura dello scarto. Per contrastare tale tendenza, meritevole di speciale attenzione e sollecitudine è la condizione di coloro che si trovano in una situazione di deficit fisico o psichico”. “In realtà – il monito della Dichiarazione ogni essere umano, qualunque sia la condizione di vulnerabilità in cui viene a trovarsi, riceve la sua dignità per il fatto stesso che è voluto e amato da Dio. Per tali motivi, è da favorire il più possibile una inclusione ed una partecipazione attiva alla vita sociale ed ecclesiale di tutti coloro che sono in qualche modo segnati da fragilità o disabilità”.

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