Una guida archeologica della valle Staffora

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Pubblicati i risultati dei lavori condotti da un team capitanato da Stefano Maggi. Una ricerca partita dalla segnalazione di un residente a Rivanazzano

Un grappolo d’uva e la “trowel”, la cazzuola, insieme, nella copertina della Piccola guida archeologica della valle Staffora, disegnata da Martina Maggi. L’abbinamento non è affatto casuale e ben chiarisce il senso di questa pubblicazione e del Progetto Valle Staffora. Archeologia nella terra del vino della sezione di Archeologia del Dipartimento di Studi umanistici dell’Università di Pavia.

Grappolo d’uva e cazzuola sono i simboli del lavoro del vignaiolo e dell’archeologo e metterli insieme significa sancire la collaborazione che lega il mondo del vino e quello della storia materiale, tesa alla valorizzazione di un territorio – la Valle Staffora – per suscitare la creazione di una consapevolezza storica che aiuti a capire meglio il presente.

Stefano Maggi, ordinario di Archeologia nell’ateneo pavese, ha coordinato i lavori di un team multidisciplinare composto da Nicola M.G. Ardenghi (curatore dell’Orto Botanico di Pavia), Manuela Battaglia (archeologa dell’Università di Pavia e direttrice del cantiere di scavo di Rivanazzano Terme), Enrico Corti (docente di Lettere al liceo scientifico di Broni), Valentina Dezza (direttrice del Museo archeologico di Casteggio), Arianna Guzzon (etudiante M2 dell’Université Aix-Marseille), Eva Vittoria Maino (docente di Lettere al liceo “Cairoli” di Vigevano), Elena Paralovo (PhD candidate dell’Università Karlova della Repubblica Ceca), Luisa Pellegrini (già professoressa di Geografia Fisica dell’Università di Pavia) e Marialetizia Tramontin (studentessa dell’Università di Pavia).

Il loro lavoro ha messo in luce le potenzialità archeologiche della Valle Staffora. «Un interesse – come spiega Maggi – che è stato improvvisamente ridestato da una segnalazione preziosa da parte di un residente, Pier Roberto Rosa, che nell’estate del 2015, con squisito senso civico, ci ha dato notizia di un evidentissimo tracciato visibile su Google Earth in località Cascina Pizzone, nel comune di Rivanazzano Terme». Sotto l’egida della Soprintendenza archeologica, le indagini condotte dall’Università hanno rilevato la presenza di un abbondante e ricco deposito archeologico riferibile con molta probabilità ad una villa rustica romana, costituita da una porzione residenziale (pars dominica) e da una produttiva (pars rustica).

Nel 2016 un altro tassello importante: «Grazie a nuove segnalazioni – chiarisce ancora Maggi – si è potuto compiere il primo saggio di scavo stratigrafico in quelle terre, precisamente in cascina Boarezza, a poca distanza dalla supposta villa rustica. Qui un ambiente rettangolare in muratura “povera” e tetto ricoperto da tegoloni, con abbondante materiale (soprattutto ceramica) pertinente la vita di tutti i giorni su un arco di tempo che va dal I al IV d.C., ha segnato l’inizio di una serie fortunata di campagne di scavo» che hanno progressivamente restituito preziose informazioni sulla vita in quelle terre durante il periodo romano.

Nei capitoli finali della guida – edita per i tipi di Univers Edizioni di Pavia – viene esaminato il legame tra territorio agricolo e vocazione vinicola.

Agricoltura e archeologia dunque, con la prima che ci svela tracce importanti del grande passato romano di questo lembo di terra oltrepadana. L’obiettivo è duplice: conoscere la storia e attraverso di essa “avviare un processo di educazione alla cittadinanza per gli abitanti del luogo: conoscere il paesaggio per tutelarlo e valorizzarlo, in una parola per ‘gestirlo responsabilmente’, proprio in quanto comunità che in quel territorio vive”, come scrive Stefano Maggi nell’introdurre la guida. Nell’ottantina di pagine del volume vediamo il “paesaggio della Valle Staffora come una pagina densa di scritture. Esso racconta come i romani, attraverso un processo di organizzazione e gestione attenta, abbiano favorito un rapporto ecologicamente bilanciato tra paesaggio naturale e paesaggio costruito, talmente favorevole al vivere, che si è mantenuto nelle sue linee e caratteristiche generali fino ad oggi”.

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