Nelle pieghe della storia di Tortona

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Brandelli di memoria legati alla figura di San Marziano

 

Una liturgia antica e diffusa

L’importante pubblicazione “Marziano e Innocenzo. Tortona Paleocristiana tra Storia e Tradizione”, che vide le stampe nel 2013 in occasione della mostra con cui la Città di Tortona e la Diocesi vollero sottolineare l’anniversario dei 1700 anni dall’Editto di Costantino, segna un punto di non ritorno nello studio delle origini cristiane della terra dertonina. In particolare supera l’annosa controversia sorta a inizio Novecento, e poi ripetuta sempre uguale per quasi un secolo, sulla storicità della figura del primo vescovo San Marziano.

In quello studio si proponeva una lettura inedita dell’incredibile diffusione del culto del nostro Patrono in età carolingia e si procedeva ad un’analisi approfondita di alcuni testi liturgici di fondamentale importanza, conservati nell’abbazia di San Gallo che potevano retrodatare la composizione del racconto del martirio di San Marziano a una data molto più antica, ascrivibile almeno al secolo VI-VII. A partire da quei testi si dimostrava come decadesse qualsiasi argomento che aveva fatto datare la composizione dei racconti della vita di Innocenzo e Marziano al secolo X-XII, e come dovesse considerarsi definitivamente tramontata la posizione di coloro che hanno voluto negare la storicità dei Santi fondatori della Chiesa tortonese.

A quelle riflessioni va aggiunta un’altra pista di ricerca che non è certo inedita, ma certamente sottovalutata, perché la disputa di inizio Novecento sulla storicità della figura di Marziano – ed è importante non dimenticarlo – è viziata da una certa visione pregiudiziale di matrice storicistica. Si tratta della riflessione che un significativo storico tortonese, Alessandro Tonso Pernigotti, proprio duecento anni fa, in occasione dell’ingresso in diocesi del vescovo Carlo Francesco Carnevale, dedica al nostro Santo in un volumetto dal titolo: “Del culto antichissimo di S. Marziano I. Vescovo di Tortona risultante dai libri liturgici del monastero di Bobbio”. Pernigotti pone l’attenzione su una fonte fino allora mai esplorata, cioè sui codici dell’antica abbazia di Bobbio, in particolare calendari e antifonari liturgici, che contengono numerosi riferimenti al culto di San Marziano. L’abbazia bobbiese, fondata da San Colombano nel 614, visse per alcuni secoli un rapporto conflittuale con la sede vescovile tortonese del cui territorio faceva parte, rivendicando una piena autonomia dei propri abati dal vescovo di Tortona.

La vertenza si apre già pochi anni dopo la morte di San Colombano e vede protagonisti il terzo abate di Bobbio San Bertulfo e il vescovo di Tortona Probo. Si arrivò addirittura a produrre una falsa bolla attribuita al papa Onorio I e datata al giugno 628, nella quale il pontefice avrebbe sottratto – primo caso nella storia – il monastero dalla giurisdizione vescovile. Questa conflittualità si protrasse per secoli, finché nel 1014 Bobbio fu elevata a diocesi.

La riflessione di Pernigotti è stringente ed estremamente pertinente; egli fa notare che se, a lato di questo rapporto conflittuale, permane nella liturgia bobbiese un forte riferimento a San Marziano, di fatto simbolo dell’autorità episcopale tortonese, significa che la sua memoria e il suo culto nell’alta valle del Trebbia risalgono ad un’antichità veneranda che i monaci non osano cancellare: quella del fondatore San Colombano.

Egli cita i passi di codici da lui stesso consultati: il “breviario membranaceo in folio n° 7”, il “salterio membranaceo n° 45”, il “calendario premesso al salterio pur membranaceo n° 59” e un “epistolario pergamenaceo n° 23”. Sarebbe auspicabile un più approfondito esame di questi testi e di altri, come il “Passionale” di Bobbio, oggi conservato alla Biblioteca Vaticana e datato alla seconda metà del IX secolo, che riporta le vite di San Marziano e di San Secondo, con l’interessante variante del martirio del nostro Patrono collocato al 27 di marzo, data che sarebbe più plausibile nella sua correlazione alla figura di San Secondo.

 

Il busto argenteo di San Marziano

 

Nel XVII secolo era attiva in Tortona e famosa in tutto il nord Italia la stamperia, che in quell’epoca poteva essere paragonata a una vera e propria casa editrice, di Nicolò e Fratelli Viola. Per capire la portata di questa bottega di stampe basti ricordare che nel 1675 pubblicò gli “Annali di Mantova”, cioè la storia ufficiale di uno stato straniero, qual era allora il Ducato dei Gonzaga. Nel 1677 Nicolò e i fratelli Viola stampano un libretto dal titolo “Santuario di Tortona” dove vengono descritte le reliquie conservate nella cattedrale. Vengono descritti anche i busti reliquiari in argento di San Marziano e di Sant’Innocenzo.

Il busto di San Marziano è lo stesso che viene esposto ancora oggi sull’altare della cattedrale, mentre quello di Sant’Innocenzo non è più l’originale ma un rifacimento successivo, poiché porta inciso lo stemma di Mons. Giulio Resta, che fu vescovo di Tortona dal 1701 al 1743.

Il busto di San Marziano è datato 1622, grazie ai punzoni di autenticità dell’argento che riportano la data di quell’anno, oltre il simbolo della torretta, che era il marchio di qualità delle argenterie della Repubblica di Genova. Inoltre riporta il punzone dell’argentiere “DV”, riconducibile all’orafo genovese Domenico Vigne, console dell’arte dei “Fraveghi” genovesi, o a David Vassallo, entrambi attivi in quegli anni nella capitale ligure.

Don Maurizio Ceriani

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