Giacomo Gorrini: il “giusto” di Molino dei Torti

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La Giornata della Memoria. Il 27 gennaio si ricordano le vittime dell’Olocausto. Ma “fare memoria” è un rito collettivo, inclusivo, anche delle gesta di un console testimone del genocidio armeno in Turchia

DI ALESSANDRA DELLACÀ

C’ è una comunità – quella di Molino dei Torti, in Bassa Valle Scrivia – che si riempie di orgoglio ogni volta che, in qualche parte del mondo, viene ricordata la figura di Giacomo Gorrini, il quale, prima della Grande Guerra, fu console a Trebisonda, nell’Impero Ottomano, dove assistette alla repressione dell’etnia armena: informò l’ambasciatore americano Henry Morgenthau e il nunzio apostolico monsignor Angelo Dolci della deportazione di 50.000 armeni, che furono fortunosamente salvati.

Giurista, storico e archivista insigne, fondatore dell’Archivio Diplomatico degli Affari Esteri del Ministero Italiano, dopo la guerra venne nominato ambasciatore della neonata Repubblica Armena nel Caucaso, che lasciò quando fu inglobata nell’Unione Sovietica. Spese il resto della sua vita a testimoniare con gli scritti la realtà del genocidio perpetrato dal Governo dei Giovani Turchi.

Il primo luogo dove venne reso omaggio alla memoria di Giacomo Gorrini, “Giusto per gli Armeni e Giusto dell’Umanità”, è stato proprio la terra armena: dal 25 maggio del 2001 è infatti tra i Giusti del Muro della Memoria di Dzidzernagapert (la Collina delle rondini), nella capitale Yerevan. Qui, dove sorge anche il Mausoleo che ricorda le vittime dello sterminio, vengono tumulate le ceneri o un pugno di terra del luogo di sepoltura di un Giusto in segno di gratitudine da parte del popolo armeno. Il riconoscimento all’operato di Giacomo Gorrini avvenne grazie all’interessamento del medico chirurgo Pietro Kuciukian, console onorario della Repubblica d’Armenia in Italia, che negli anni ’90 costituì il Comitato internazionale dei Giusti per gli armeni e successivamente, a Milano, fondò – con Gabriele Nissim (storico e autore di libri sui Giusti) e le filosofe Ulianova Radice e Anna Maria Samuelli – il Gariwo, acronimo di Gardens of the Righteous Worldwide, la Foresta dei Giusti per tutti i genocidi.

«La mia riflessione sui Giusti è nata dai miei viaggi nei luoghi dove avvennero le atrocità del primo genocidio del ventesimo secolo, – spiega Pietro Kuciukian – la pulizia etnica di un popolo che per millenni aveva abitato il territorio dell’Anatolia. Mio padre Ignadios si salvò perché fu mandato da mio nonno Andon in Italia da Istanbul, proprio nel 1915, quando era in atto la fase iniziale della deportazione. L’impegno di Gariwo è quello di far conoscere i Giusti educando alla responsabilità personale. Nel 2003 abbiamo creato insieme al Comune di Milano il primo Giardino dei Giusti di tutto il mondo al Monte Stella, che dal 2009 è gestito dall’Associazione per il Giardino dei Giusti di Milano, composta da Gariwo, Comune di Milano e Unione delle Comunità Ebraiche Italiane».

In questo spazio i visitatori possono trovare, fra le molte presenti, la stele dedicata a Giacomo Gorrini, mentre a Molino dei Torti il 20 settembre 2009 gli è stata intitolata una piazza con un giardino e un monumento. Di recente (la cerimonia si è svolta lo scorso 15 dicembre nella siciliana Agrigento, su iniziativa dell’Accademia di Studi Mediterranei – Istituto di Alta Cultura) è stata la Valle dei Templi ad accogliere la cerimonia di inaugurazione della stele dedicata allo storico e diplomatico alessandrino – nato nel 1859 a Molino dei Torti da Carlo e Teresa Torraga – e posta nel Giardino dei Giusti realizzato 8 anni fa in collaborazione con il Parco Archeologico, patrimonio Unesco dell’Umanità. La lapide è stata posta fra il Tempio della Concordia e quello di Giunone, alla presenza del sindaco Franco Miccichè, dell’arcivescovo metropolita Alessandro Damiano e del prefetto Filippo Romano. Prima della collocazione, si è svolto un convegno presieduto dal vescovo Enrico dal Covolo, nella Sala delle Conferenze di Casa Sanfilippo. Laureatosi in Lettere e filosofia presso l’Accademia scientifico-letteraria di Milano, cui seguì un biennio di perfezionamento a Firenze, come ha scritto lo stesso Pietro Kuciukian sulla targa commemorativa questo “servitore dello Stato si è speso per la verità e la giustizia e, nel 1915, fu testimone oculare della deportazione e dello sterminio del popolo armeno. Ha soccorso e salvato molte vittime predestinate prima di essere costretto a lasciare la sede consolare. Le sue dichiarazioni e i suoi scritti sugli eventi ai quali aveva assistito, giunsero a tutto il mondo”.

Per l’esattezza Giacomo Gorrini fu console generale della città di Trebisonda, sul Mar Nero (alla cui giurisdizione appartenevano i vilayet dell’Armenia turca) dal 1911 al 1915, data di inizio del genocidio armeno. Nell’agosto del 1915 Gorrini stesso fu costretto a lasciare precipitosamente il Paese dopo l’entrata in guerra dell’Italia contro la Turchia.

«Giacomo Gorrini dev’essere riconosciuto come uno dei principali testimoni del genocidio armeno – ricorda ancora Pietro Kuciukian – e come colui che lo denunciò all’opinione pubblica italiana ed internazionale, prima che questa, colpita dagli orrori della Shoah, fosse sensibilizzata all’argomento, prima che la stessa parola “genocidio” fosse coniata. Così facendo diede un contributo fondamentale al riconoscimento del genocidio come crimine di diritto internazionale, fornendo le basi per una cultura di condanna dello stesso».

Alla fine della guerra, con la disfatta degli Imperi centrali, Gorrini ricevette l’incarico di preparare uno studio sull’Armenia: il 14 novembre 1918 presentò un Memoriale, che fu la base di partenza per le discussioni di Sèvres, di Ginevra, di Losanna. Tra i suoi preziosi scritti, prima di morire a 91 anni a Roma nel 1950, lasciò anche un volume intitolato Testimonianze.

La salma riposa nel cimitero di Voghera: è stato lo stesso Pietro Kuciukian, che parla di lui anche nel suo libro Voci nel deserto. Giusti e testimoni per gli Armeni (Ed. Guerini), a risalire al camposanto pavese, dopo che due signore armene che abitavano a Roma nello stesso stabile del diplomatico, gli avevano detto di ricordarsi di due sue sorelle che venivano a trovarlo da Voghera.

Cerimonia per Giacomo Gorrini a Molino dei Torti
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