Come un gatto in tangenziale

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Contagiata dalla zuccherosa atmosfera del san Valentino appena trascorso, mi sono ritrovata a ricordare con tenerezza i primi batticuori, le prime infatuazioni, spesso accompagnate da cocenti delusioni e a guardare agli adolescenti di oggi con stupore, poiché le dinamiche dei rapporti amorosi sembrano essere state del tutto stravolte.

Gli appostamenti all’oggetto del desiderio fuori dalla scuola o durante lo “struscio” del sabato pomeriggio sono stati sostituiti da un rituale di corteggiamento virtuale che, mi si dice, talvolta non trova applicazione pratica, ma rimane, appunto, allo stadio di una app.

Non saprei se gli affari di cuore fossero più semplici per noi, costretti a un confronto diretto, o per questa generazione, trincerata dietro a uno schermo. Dal mio osservatorio noto una iper-criticità femminile nei confronti dell’altra metà del cielo: pare che dei numerosi esemplari di sesso maschile conosciuti da mia figlia non ve ne sia nemmeno uno degno di nota. Pur se giudicati molto simpatici, la bruttezza sembra essere la caratteristica comune riscontrata. Talvolta vengono elencate altre negative peculiarità, che rendono meritorio il soprannome “serpente a sonagli” da me affibbiatole già all’età di sei anni. Ma non esiste roccaforte che non possa essere espugnata: un bel giorno si palesa il principe azzurro, non cavalcando un bianco destriero, ma nuotando i 200 metri farfalla. In una recente trasferta in terra croa-ta, infatti, la ragazza ha socializzato con un aitante nuotatore ungherese: in tempi di Brexit, un fulgido esempio di Unione Europea!

Al ritorno in patria, poco si riesce a estorce-re, ma i sintomi sono chiarissimi: svagatezza più accentuata, sguardo perso, dipendenza incrementata da smartphone. L’amica, con atteggiamento carbonaro, mi mostra la foto del profilo social del magiaro che, per fare un aulico paragone, “biondo era bello e di gentile aspetto”. La distanza tra la pianura padana e la puszta viene colmata grazie agli ausilii elettronici, centinaia di messaggi e Snap Map, che indica in tempo reale sul telefonino dove si trovino e quali spostamenti stiano effettuando le persone iscritte. Tutto sembra procedere per il meglio e, nel rientrare a casa, resto stranita nell’udire la ragaz-za che sta parlottando in inglese, apparentemente da sola. Sono arrivata nel bel mezzo di una videochiamata, che viene repentinamente interrotta. Per stemperare l’imbarazzo vado sull’ironico: «È così brutto che non vuoi che lo veda?». Sguardo obliquo e tagliente del serpente a sonagli che sibila: «È bellissimo, ma mi sa che non lo chiamo più.

È troppo ignorante: in inglese biascica e non mette mai la s alla terza persona singolare dei verbi»: ça va sans dire: fine di un flirt durato quanto un gatto in tangenziale!

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