Cattolici nel Pd? Sì, ma non troppo

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Scrivevo, una settimana fa, del rispetto della libertà dei giornalisti di “Repubblica” attaccati da Di Maio. Torno a parlarne perché per noi la libertà è una, come è sacrosanta la difesa di certi diritti, specie di quelli nei quali i cattolici credono e che non sono disposti a negoziare. Ecco perché ciò che è accaduto a Verona sul tema dell’aborto merita un tag. Nei giorni scorsi il consiglio comunale ha approvato nella notte, con 21 voti a favore e 6 contrari, una mozione della Lega sottoscritta dal sindaco Federico Sboarina, che dichiara Verona “città a favore della vita” e sostiene le associazioni cattoliche che mettono in campo iniziative contro l’aborto. A votare a favore anche la capogruppo del Pd Carla Padovani, travolta da una bufera di polemiche interne al suo partito per “il grave errore commesso” – ha detto il segretario Maurizio Martina – e rea di “non aver rispettato le regole del confronto”. La Padovani, sfiduciata dal suo ruolo, ha spiegato: “La vita è valore universale e non di partito. Ho votato secondo coscienza. Sulla legge 194 non mi sembra che il Pd abbia una linea chiara”. Non solo: mi pare che essere cattolici sia diventato addirittura un limite per il Pd. Che la coscienza debba essere messa in secondo piano. Che non sia più possibile testimoniare con convinzione la difesa della maternità e i valori in cui si crede nell’impegno politico quotidiano. Siamo davanti a una inibizione enorme per un partito che si definisce “plurale” e che invece, ancora una volta, pare non avere un’anima. La vicenda di Verona fa quasi intendere che nel Pd non ci sia posto per i cattolici o che debbano starci ma a certe condizioni, in silenzio e senza disturbare troppo. Lasciamo stare i cattolici di facciata e quelli più papisti del Papa, per carità. Ma difendiamo la libertà della Padovani di credere nella vita sempre, come ci crediamo noi.

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