Quelli del 2 giugno del ’46

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Di Ennio Chiodi

Arturo nasce il 2 giugno del 1920 a Romprezzagno, un povero borgo rurale tra le province di Mantova e Cremona. Si trasferisce presto con la famiglia nella vicina Bozzolo dove frequenta la parrocchia guidata da don Primo Mazzolari, un sacerdote coraggioso, capace di essere avanti, tanto avanti da essere definito “profeta” – qualche anno dopo la sua morte – da Papa Paolo VI. Si forma alla sua scuola attingendo molto anche dalla piccola biblioteca di famiglia, dove suo padre, autodidatta assetato di cultura, aveva raccolto i classici italiani ed europei, compresi grandi pensatori cattolici come Jacques Maritain e, più tardi, Emmanuel Mounier. Il 2 giugno del 1946, quando gli italiani sono chiamati a scegliere tra Monarchia e Repubblica, Arturo compie 26 anni. Ha già svolto una intensa attività clandestina antifascista ed è da poco rientrato da un campo di lavoro in Svizzera dove era riuscito a rifugiarsi, braccato dalle camicie nere repubblichine. Si era già lau- reato e, nei giorni del Referendum, alterna l’insegnamento all’attività giornalistica, chiamato dal Comitato di Liberazione Nazionale a far parte della direzione della Gazzetta di Mantova in quota cattolica. Come uomo di comunicazione seguirà da vicino, per qualche anno, Alcide De Gasperi nei suoi viaggi in Italia e nel mondo: una scuola di vita e non solo che avrebbe contribuito alla sua formazione. Al momento delle scelte Arturo preferisce la professione alla politica e dirige diversi importanti giornali, trasferendosi più volte, famiglia al seguito, da una parte all’altra d’Italia. Tra la fine degli anni ’70 e la metà degli anni ’80, nel periodo drammatico del terrorismo brigatista e stragista, gli tocca tra le altre esperienze quella di svolgere, come responsabile della comunicazione del Ministero degli Interni, un deli- catissimo lavoro di raccordo tra il governo e il mondo dell’informazione: un riferimento prezioso e irrinunciabile, riconosciuto da giornali e televisioni di allora. Scrive saggi e tiene conferenze, ma dedica, soprattutto, energie e pensiero alla formazione di giovani professionisti nelle scuole di giornalismo. Arturo Chiodi era mio padre. Chiedo comprensione per avergli dedicato questo spazio. Lo faccio per ricordare chi, come lui, fin da quel 2 giugno del 1946, ha contribuito a costruire questo Paese mettendo al primo posto, nella scala delle priorità, onestà, coerenza, giustizia e solidarietà. Ho potuto, nel corso degli anni, conoscerne molti: politici, giornalisti, imprenditori, preti, operai, intellettuali, medici, persone serie, corrette, “per bene”. Il segno che gli uomini e le donne di quella generazione hanno lasciato è profondo anche se – di questi tempi – facciamo davvero sempre più fatica a coglierlo.

enniochiodi [at] gmail.com

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