Missionari martiri accanto ai poveri

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Venerdì scorso il Vescovo ha presieduto a Stradella la Via Crucis in loro ricordo

 

STRADELLA – “Per amore del mio popolo non tacerò”. Questa frase di sant’Oscar Romero, Vescovo di San Savador, ucciso dagli uomini degli squadroni della morte il 24 marzo 1980, ha fatto da sfondo all’annuale Via Crucis per i missionari martiri, che il nostro Vescovo, Monsignor Vittorio Viola, ha presieduto venerdì scorso nella chiesa parrocchiale di Stradella.

Alcuni brani delle omelie del Vescovo martire di El Salvador sono stati utilizzati come commenti ai testi delle stazioni della Via Crucis.

Quello degli operatori pastorali uccisi per la propria fede è un tema tragicamente attuale: come ha ricordato nell’introduzione don Stefano Calissano, responsabile dell’Ufficio diocesano per la Pastorale Missionaria, nel 2018 sono stati 40 (quasi il doppio rispetto all’anno prima) i missionari uccisi mentre svolgevano il loro ministero; di questi 35 erano sacerdoti, 1 seminarista e 4 laici. Il continente che detiene il triste primato per il maggior numero di vittime è l’Africa con 21 morti, seguito dal continente americano con 15.

“I missionari martiri hanno amato il popolo di Dio a loro affidato fino alla fine” ha sottolineato don Stefano. Al termine delle quattordici stazioni della Via Crucis, il Vescovo ha riflettuto sulle parole utilizzate da Monsignor Romero nelle sue omelie: “Non stupisce che abbiano voluto eliminare la voce di Romero. – ha detto il Vescovo – Dalle sue riflessioni emerge la disarmante semplicità con cui applica la parola evangelica al momento della storia che si trova a vivere. È stato un uomo forte, che non ha avuto paura del cambiamento nel mondo, nella Chiesa e nei rapporti con le persone. Ha letto tutto con lo sguardo del Vangelo che entra nella storia e la illumina”. Monsignor Viola ha poi ricordato come sant’Oscar Romero abbia vissuto la sua vita “non da spettatore” di fronte alle ingiustizie a cui assisteva: “Non possiamo essere solo preoccupati per i poveri, dobbiamo lasciarci coinvolgere, come se toccasse la carne di un fratello, che per noi è Gesù Cristo. – ha aggiunto il Vescovo – Monsignor Romero ha applicato brani di Vangelo come Matteo 25 (‘Avevo fame…’) alle situazioni di povertà, ingiustizia, maltrattamenti, torture a cui assisteva non da spettatore”. Su una frase di Monsignor Romero, poi, il Vescovo si è soffermato: “Colui che si impegna con i poveri deve condividere lo stesso destino dei poveri: scomparire, essere torturato, catturato, ucciso. Come pastore della Chiesa e del popolo, io sono obbligato a dare la vita per coloro che amo”. “Solo un mese dopo questa parola si compiva il lui. – ha affermato ancora il Vescovo – Nelle omelie più vicine al suo martirio la sua parola diventa ancora più forte e vera: non puoi amare i poveri da fuori, devi essere coinvolto. È lo stesso coinvolgimento di Gesù nei nostri confronti: siamo amati così tanto e per questo non possiamo non amare”. Monsignor Viola, infine, ha riflettuto sulla figura dei martiri: “Il loro sacrificio è la continuazione della passione di Gesù. – ha concluso – È l’unica cosa che può dare senso alla morte di questi fratelli e sorelle, altrimenti c’è solo spazio per odio, vendetta e ribellione. Anche noi dobbiamo riscoprire il coraggio e la gioia dell’annuncio del Vangelo, trasmettendo tra di noi lo stesso amore con il quali siamo stati amati da Gesù. È per questo che la passione di Gesù getta luce di speranza sul mondo”.

Prima della benedizione, il Vescovo ha ricordato l’iniziativa di carità sostenuta dalla Diocesi e dall’Ufficio Missionario per la Quaresima, ovvero la costruzione di una casa parrocchiale a MurayKanyinya, nella diocesi di Gitega, in Burundi, realtà africana ormai da anni unità nella comunione alla Chiesa tortonese.

Oliviero Maggi

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