Presentato il libro su don Capurro

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Il lavoro di Robbiano dedicato al sacerdote impegnato nel sociale

NOVI LIGURE – Nella stupenda basilica di Santa Maria Maddalena è stato presentato, davanti a un folto pubblico, il nuovo libro di Lorenzo Robbiano Gianfrancesco Capurro – Sacerdote scomodo e progressista dell’Ottocento novese (Edizioni Epokè – La Torretta).

Erano presenti, oltre all’autore, don Livio Vercesi, parroco di San Pietro e Mario Scotti, già dirigente nazionale della Cisl.

Dopo un’introduzione dell’assessore alla Cultura, Andrea Sisti, che ha voluto evidenziare la figura “poliedrica e moderna” del sacerdote, tra i primi ad aver capito come “società complesse” richiedessero soluzioni “complesse”, è stato fatto un breve cenno alla questione dei “preti in estinzione”, da parte di Paolo Repetti, neo priore della Confraternita della Maddalena.

Poi don Livio, che ha curato la prefazione del volume, ha iniziato il suo intervento citando la frase «Ex hominibus assumptus, pro hominibus constituitur» (Eb 5,1) (Scelto tra gli uomini, al loro servizio dedicato). «I preti – ha detto – sono custodi del sacro e benefattori dell’umanità, il loro “servizio”, dunque, è scontato e sempre meno richiesto; ma quando escono dal loro “ruolo”, allora fanno notizia! Oggi, però, il prete è un servitore di un mondo spirituale e religioso che sta finendo? Questo è l’interrogativo che dobbiamo porci!». Mario Scotti, in seguito, ha fatto notare due curiosità.

La prima riguarda la targa che indica la via Capurro dove il nome del sacerdote è scritto staccato – Gian Francesco – e l’altra che solo successivamente è stata aggiunta, con un altro stile grafico, la parola “don”. Forse perchè era un sacerdote importante per la storia locale, ma “scomodo” per il suo im- pegno patriottico-politico che non piacque alla gerarchia ecclesiastica del tempo. L’argomento principale, poi ripreso anche dallo stesso Robbiano, è stato, però, il tema che più stava a cuore a Capurro, quello dell’istruzione come strumento necessario per l’elevazione culturale e sociale del popolo, sino alla creazione di un “Metodo di insegnamento” mai riconosciuto dal Ministero della Pubblica Istruzione, anche se diffuso e utilizzato in tutte le scuole.

Con il “Sistema don Capurro” il sacerdote riuscì a insegnare a leggere e scrivere a 150 persone analfabete alla volta in poche settimane, utilizzando grandi cartelli che riportavano una lettera dell’alfabeto associata alla forma di un oggetto di uso comune. Così l’allievo memorizzava visivamente il monogramma per poi passare alla sillabazione e, infine, alle parole.

Vittorio Daghino

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