La Messa di Margherita

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Di Carlo Zeme

Finito. Adesso mi giro e chiedo scusa al signore che con la sua pazienza ha raccolto esattamente sei volte il coccodrillo che Margherita ha lanciato negli ultimi quaranta minuti. Si avvicina lui con il sorriso: «Ci vediamo anche domenica prossima? Così giochiamo ancora un po’ insieme». Le mie scuse per il disturbo rimangono nella mia testa, Margherita in braccio urla di gioia e dalla mano del signore con la lunga barba ci raggiunge una carezza. In questi dieci mesi la domenica mattina ha assunto tutto un altro sapore. Un tempo ci muovevamo lentamente, facendo lunghe colazioni e scegliendo di partecipare alla Santa Messa purché iniziasse almeno dopo mezzogiorno. Oggi non puntiamo più la sveglia, ma sappiamo che prima o poi Margherita, come un punto esclamativo, comincerà e a muoversi nel letto e a darci il buongiorno. Le navate delle nostre chiese diventano immensi corridoi nei quali poter camminare con Margherita in braccio fermandosi davanti a ogni statua: santa Rita, san Giovanni Bosco, san Luigi Orione diventano vecchi amici da andare a salutare, ognuno con una storia diversa, ma ognuno accompagnato da un sorriso di Margherita mentre li sta indicando. Il momento che preferiamo però sono i canti: l’Alleluia e il Santo si trasformano in grandi classici che cantiamo come fossimo al concerto del nostro artista preferito. E ogni volta che l’assemblea si alza e si siede Margherita si diverte immensamente. Ho sempre notato i genitori con i neonati a Messa e mi sono chiesto quanto si potesse seguire la celebrazione tra un urlo e una gattonata in zona battistero. Oggi penso che sia un modo speciale di vivere la domenica, un ottimo carburante di energia per il resto della settimana. Prima di uscire dalla chiesa, vedo, qualche panca più in là, un bimbo poco più grande di Margherita che è sgusciato via correndo tra una sedia e l’altra: ho grande fiducia nel futuro, ma nel dubbio continuerò a mettere le scarpe da corsa, anche la domenica mattina.

carlo.zeme@gmail.com

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