Siamo tutte Meredith Grey?

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Siamo tutte Meredith Grey?

È il quesito che potrebbero porsi molte tra le ragazze che hanno da poco terminato gli esami di maturità: facendo un rapido excursus tra amicizie e conoscenze varie, ho notato un esponenziale aumento delle aspiranti iscritte alla facoltà di Medicina. Il fenomeno mi ha molto incuriosito, sentendomi, seppur con ampio anticipo, coinvolta in prima persona. Infatti, la ragazza, già dopo l’esame di terza media, annunciò solennemente di aver capito cosa desiderasse fare nella vita: il chirurgo. Pensai fosse semplice spirito di emulazione verso la famosa dottoressa Grey, le cui rocambolesche vicissitudini professionali e sentimentali ci avevano tenute incollate allo schermo per ben 14 stagioni: mi limitai a sottolineare che, qualora fosse riuscita nell’intento, non era per nulla scontato che, al pari della protagonista, potesse trovare un’anima gemella affascinante quanto il dottor Derek Shepherd. Trascorsi due anni e altre due stagioni del medical drama più seguito di tutti i tempi, non sembra desistere dal proposito: raggiunta un’età più consapevole, ha iniziato a documentarsi e, grazie alla miniera di informazioni di cui oggi i giovani dispongono, accade che: «Per favore, vieni a preparare la tavola!», «Aspetta, adesso non posso, sto guardando il video della rimozio-ne di un neuroblastoma (sic), una cosa strepitosa! Corri a vedere!»: proposta inaccettabile per me, che a malapena riesco a fare le iniezioni al cane senza svenire! L’ondata di fanciulle che anelano a formare il plotone di camici rosa l’ha entusiasmata: «Hai sentito che roba? Vogliono tutte diventare “medichesse”: speriamo che riescano a superare il test di ammissione! Per fortuna quest’anno ci sono un po’ di posti in più: dopo il Covid finalmente ci si è accorti che scarseggiano i medici». Quest’ultima riflessione è decisamente condivisibile: a fronte di una sanità azzoppata da anni di ridimensionamenti e accorpamenti arbitrari, ci si impegnerà finalmente a riorganizzare il sistema? Dopo la cruenta guerra di questi mesi, potrà la speranza nelle future generazioni di medici far confluire nuove risorse? L’argomento appassiona molto la ragazza, che sulla situazione sanitaria nazionale esprime opinioni chiare e non testualmente riportabili in questa sede, apparendo quanto mai irremovibile dal proprio intento: «Quando sarà il mio turno, se non riuscirò a superare il test, andrò all’estero a frequentare Medicina, ovunque ci sia il libero accesso, oppure mi dirotterò su Scienze Infermieristiche: io voglio assolutamente lavorare in ospedale. Se poi potessi stare in sala operatoria sarebbe il massimo della felicità».

A me attanaglia un atroce dubbio: non sarà che questa ardente passione per il bisturi nasconda ammirazione per Jack lo Squartatore anziché per Meredith Grey?

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