La Pernigotti spera ancora nella reindustrializzazione

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La proprietà turca non intende cedere il marchio e avvia la cassa integrazione

 

NOVI LIGURE – La scorsa settimana, mentre andavamo in stampa, a Roma stavano decidendo il futuro della Pernigotti che, oggi, appare sempre meno roseo e con molte incognite che lasciano poco spazio a congetture favorevoli.

Dal 6 febbraio è iniziata ufficialmente, e per un anno, la cassa integrazione per cessazione, con finalità di “reindustrializzazione del sito produttivo”.

Dopo 160 anni di onorato servizio l’azienda dolciaria novese deve chiudere, momentaneamente, i battenti mentre la proprietà, ovvero il gruppo Toksoz, proseguirà nella politica di commercializzazione dei prodotti altrove.

I fratelli turchi, dal 2013 proprietari della Pernigotti, sono riusciti a tenersi lo storico marchio, a esternalizzare la produzione e a chiudere la fabbrica novese. Per i 92 dipendenti, dopo la cassa integrazione, si prospettano altri due anni di Naspi, l’indennità di disoccupazione, e poi l’incertezza assoluta.

Per gli interinali, addirittura, ci sarà solo un periodo di disoccupazione variabile in base ai mesi lavorativi.

Attualmente solo otto dipendenti hanno accettato il trasferimento negli uffici di Milano, che rimarranno attivi per commercializzare i prodotti del gruppo.

Anche l’assemblea permanente, che è andata avanti per più di 90 giorni, è stata sciolta, come richiesto dai Toksoz.

Tiziano Crocco e Piero Frescucci, rispettivamente segretario provinciale della UilaUil e delegato Rsu della fabbrica, però, hanno fatto sapere che cercheranno in tutti i modi di salvare l’azienda. Il sindaco di Novi Ligure, Rocchino Muliere, che era presente al vertice del 5 febbraio al ministero del Lavoro, ha manifestato la sua delusione per la decisione della proprietà turca di vendere il comparto dei preparati per gelateria a marchio Pernigotti.

Ha espresso disappunto anche per la scelta di iniziare l’esternalizzazione di una parte di produzioni presso la Laica di Arona. Muliere, inoltre, non ha nemmeno potuto esprimere i propri dubbi al tavolo delle trattative perché il vicecapo di gabinetto del vicepremier Di Maio, l’ex deputato grillino Giorgio Sorial, non gli ha dato la parola.

Dalla relazione presentata dall’advisor nominato dall’azienda è emerso che sono circa 30 le aziende che hanno manifestato interesse a verificare la situazione della Pernigotti, di cui 7 hanno avuto seguito in forma scritta e di queste alcune hanno già effettuato un sopralluogo presso lo stabilimento e le altre lo faranno entro il 15 febbraio.

Tra gli obiettivi di queste aziende, però, ci sarebbe quello di cercare di riassumere solo una trentina di dipendenti.

Sicuramente l’attenzione sulla “vicenda Pernigotti” non calerà e le istituzioni locali, i sindacati e i cittadini non smetteranno di impegnarsi a trovare ogni possibile situazione di salvezza per un marchio che rappresenta un motivo di vanto per il territorio.

Il senatore Massimo Berutti ha dichiarato che questa vicenda deve spingere ad un’azione di sistema, “che metta le eccellenze italiane in condizione di competere a livello globale senza doversi riparare all’ombra di sterili interventi di tutela”. “Fino a quando – ha aggiunto – le aziende non potranno competere alla pari con le realtà globali grazie alla minor pressione fiscale e alla forza sui mercati stranieri, nulla cambierà e sia i marchi storici sia i marchi recenti continueranno a crollare sotto i colpi di una politica nazionale sempre meno orientata all’impresa”.

Anche il capogruppo di Leu alla Camera, Federico Fornaro ha parlato di un comportamento “ambiguo” dell’azienda turca che non soltanto non si è mossa di un millimetro dalle sue posizioni di indisponibilità a vendere a un altro imprenditore il marchio Pernigotti, ma “che al tavolo di crisi al ministero del Lavoro ha pure confermato di aver dato un doppio mandato: alla Sernet per la reindustralizzazione del sito produttivo di Novi Ligure e a un’altra societa’ specializzata, di trovare un acquirente per il ramo d’azienda della gelateria”.

L’unico aspetto positivo, secondo Fornaro, per ora è quello di aver attivato gli armonizzatori sociali per limitare al massimo le ricadute negative per tutti i lavoratori.

Daniela Catalano

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