Futuro incerto per la “Pernigotti”

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I Toksoz vogliono vendere una quota dell’azienda. I sindacati sono scettici, intanto prosegue la cassa

NOVI LIGURE – La nuova ipotesi avanzata dai proprietari turchi della “Pernigotti” prevede la cessione di una quota dell’azienda a soggetti terzi potenzialmente interessati, con il mantenimento della produzione a Novi. Questo è quanto è emerso dall’incontro in streaming di mercoledì 24 novembre, organizzato dal Ministero dello Sviluppo Economico che ha visto tra i partecipanti il viceministro Alessandra Todde, i sindacati, l’amministrazione comunale novese, rappresentanti regionali di Piemonte e Lombardia e la proprietà turca. Un incontro che ha fatto seguito a quello avvenuto 24 ore prima tra il Mise e i fratelli Toksoz. Riunioni organizzate in seguito all’allarme lanciato dalle parti sociali proprio in merito alla mancata attuazione del piano industriale da parte dei turchi, i quali avevano previsto 2 milioni e 800 mila euro di investimento sullo stabilimento locale ai quali se ne sarebbero poi aggiunti 750 mila per un nuovo macchinario adibito agli stampi delle tavolette di cioccolato più altri ancora per l’efficientamento energetico della struttura. Accordi che finora non sono stati rispettati. «La proprietà ha riportato al tavolo l’intenzione di far entrare un terzo investitore per rilanciare con investimenti il piano presentato. – fa sapere la vice ministra Todde – Ha dichiarato di avere diversi soggetti interessati, ma senza fare nomi. A gennaio dovrebbe iniziare la due diligence in esclusiva.

L’ingresso del nuovo investitore dovrebbe avvenire entro i primi 6 mesi del 2022. I sindacati hanno chiesto un monitoraggio del processo e faranno un incontro con l’azienda, nello stabilimento nel mese di dicembre. Il gruppo conferma pure l’impegno a portare avanti il piano di reindustrializzazione legato alla cassa. Il tavolo sarà riconvocato a gennaio». Intanto, in città si lavora su turno unico dalle 8 alle 16 e con cassa integrazione a rotazione per tutti. Inevitabile lo scetticismo dei sindacati. «Registriamo positivamente che l’azienda abbia ribadito di voler tutelare il marchio e consolidare lo stabilimento italiano – concludono Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil – ma chiediamo al Mise di continuare a tenere alta l’attenzione sulla vertenza, perché servono prove tangibili di una riorganizzazione dello stabilimento che al momento non si è ancora vista e per la quale appaiono decisamente insufficienti i 4 milioni di euro di investimenti previsti e non del tutto effettuati. L’unico fatto concreto che abbiamo visto fino ad oggi sono stati gli ammortizzatori sociali messi in campo con risorse pubbliche, con una cassa che andrà in scadenza a giugno 2022. Nel frattempo, nello stabilimento novese non si è prodotto per la campagna natalizia e salterà anche quella pasquale, esattamente come lo scorso anno».

Luca Lovelli

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