«Lo stop forzato ha messo in ginocchio tante attività»

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Per fare il punto sulla situazione generale del commercio abbiamo intervistato Paolo Covre, segretario della struttura territoriale Oltrepò di Ascom Pavia

Non bisogna essere esperti in economia. Basta guardare cosa accade nelle nostre città e nei nostri paesi con gran parte dei negozi (a parte gli alimentari) chiusi per rendersi conto della grave crisi che sta vivendo il comparto del commercio. L’Ufficio Studi di Confcommercio parla di una riduzione dei consumi del 10,4% rispetto allo stesso periodo del 2019 con un autentico tracollo nel mese di marzo: meno 31,7%. Le conferme vengono leggendo alcuni dati specifici: accoglienza turistica -95%, immatricolazioni auto -82%, abbigliamento e calzature -100%, bar e ristorazione -68%. Il settore dei pubblici esercizi è in uno stato di profonda crisi: 30 miliardi di euro di perdite e il serio rischio di veder chiudere definitivamente 50.000 imprese e di perdere 300 mila posti di lavoro. E ad aprile non andrà di certo meglio. Gli esercizi commerciali che, in base a quanto disposto dai provvedimenti governativi, hanno potuto tenere alzate le serrande sono quelli che hanno retto meglio il colpo, anche attivando servizi di consegna a domicilio. Ma è innegabile che per tutto il settore del commercio sono stati, sono e saranno momenti di grande criticità. Analoga sofferenza si sta vivendo anche dalle nostre parti, in Oltrepò, nel Tortonese e nel Novese. Ne abbiamo parlato con Paolo Covre, segretario della struttura territoriale Oltrepò di Ascom Pavia.

Com’è la situazione del commercio nella provincia di Pavia e in particolare in Oltrepò Pavese?

«La situazione è pressoché omogenea in tutto il nostro territorio, in linea con quanto avviene nell’intero Paese. Al momento quasi tutto è fermo, tutti sono in chiaro affanno e sono provate fino allo stremo tutte quelle attività che, in ottemperanza ai decreti governativi, non hanno potuto lavorare. Il problema è davvero grande. Un tempo così lungo di stop forzato – siamo ormai a due mesi – ha messo in ginocchio tanti commercianti che ora speriamo possano riaprire».

I negozi di paese, quelli che erogano i cosiddetti servizi essenziali, hanno forse retto di più e molti si sono attivati per la consegna a domicilio.

«Sì, questi negozi hanno certamente potuto continuare a operare e hanno sentito un po’ meno la crisi. Per loro il momento è stato meno difficile. Con il servizio di consegna a domicilio hanno potuto muoversi con maggiore libertà, sempre nell’assoluto rispetto delle norme sanitarie».

Che dire di bar, ristoranti, pizzerie?

«Senza ombra di dubbio il comparto della somministrazione ha subito una perdita impressionante. Bar, ristoranti, pizzerie sono chiusi da due mesi, dal 9 marzo. In questo periodo non hanno incassato nulla, pur dovendo pagare i fornitori, eventuali affitti, le bollette e così via. È una situazione molto grave e anche la riapertura sarà difficile».

Le risorse poste in campo dal Governo sono sufficienti a tamponare gli effetti del lockdown o serve altro per ripartire?

«Nessuno ha la bacchetta magica. Certamente la possibilità che il Governo ha concesso di accedere al credito (i famosi 25.000 euro) serve semplicemente a tappare un buco, a rendere un po’ meno ardua la ripartenza, ma certo non basta. Le difficoltà, anche pensando alla riapertura, sono davvero estreme. Non si sa ancora come si dovrà gestire l’accoglienza dei clienti. Pensiamo solo al settore della ristorazione. I ristoranti nella migliore delle ipotesi dovranno ridurre della metà la loro ricettività. Già sarà tragico per chi ha un numero alto di posti, ma immaginiamo il ristorante con 50 coperti che li dovrà ridurre a 25. Come potrà star dentro i costi, come potrà mantenere i prezzi competitivi? Non possono essere lasciati soli. La preoccupazione è grande».

Resta il problema della liquidità per le imprese…

«È assolutamente così. La nostra organizzazione, attraverso Ascom Fidi, ha siglato con Ubi Banca un accordo per l’accesso a finanziamenti che avranno un importo massimo pari a 100.000 euro e una durata massima di 36 mesi, di cui 6 mesi di pre-ammortamento».

Quali altre iniziative avete adottato?

«Ci siamo attivati per chiedere alle amministrazioni comunali la sospensione del pagamento dei tributi locali».

Marco Rezzani

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