L’album dei ricordi

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Di Carlo Zeme

Ricordo il primo giorno di prima elementare e anche il rimprovero della maestra Emilia perché parlavo con il compagno di banco. Ricordo che il primo giorno delle superiori pensai che Andrea aveva una faccia che mi stava sulle scatole e oggi dopo più di dieci anni è uno dei pochi che mi capita di sentire ancora. Ricordo la prima insufficienza: 4 di Chimica in un sabato di ottobre e fuori c’era una splendida giornata di sole. La prima volta che sono salito su di un’auto dalla parte del guidatore non sapevo esattamente dove fosse posizionato il pedale del freno e quello della frizione e ci sono volute dodici guide con l’istruttore per passare l’esame. Quando andai per la prima volta al ristorante giapponese mi arresi subito e chiesi le posate perché con le bacchette sarei rimasto a digiuno. Nel mio cervello ho un ricordo nitido del giorno in cui ho avvertito più forte del solito l’odore del cloro e il pensiero che il nuoto non sarebbe stato il mio sport. Se ci penso sento ancora la delusione per il “topino dei denti”: una sera di febbraio mi venne promesso che sarebbe passato nella notte e l’indomani sotto il cuscino non c’era nulla. Margherita alla soglia dell’anno di vita ci sta regalando prime volte a un ritmo forsennato, comincio a comprendere i miei genitori che a volte mischiano i primi anni di vita miei e di mio fratello in un’unica soluzione, ma quello che è successo un paio di sere fa sento che rimarrà per sempre nell’album dei ricordi. Tutti a nanna, spengo la luce e faccio piano, si sente solo un respiro profondo proveniente dal lettino. Mi giro, calpesto, resto per un pelo in equilibrio. La pianta del mio piede per la prima volta ha assaggiato un cubetto delle costruzioni sparse sul tappetone dei giochi. Un dolore che va su dal tallone alla schiena. Un urlo ingoiato. Nel lettino continuano i sogni. Anche questa è una delle prime volte da ricordare.

carlo.zeme@gmail.com

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