Il treno di Morfeo

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Di Carlo Zeme

C’è un momento preciso in cui nella giornata di Margherita esiste un prima e un dopo: il passaggio del “Treno di Morfeo”. Un treno che ogni sera si trasforma, a volte è una carrozza dell’alta velocità che recupera la nostra piccola viaggiatrice in un lampo, a volte è in ritardo come un regionale che va a singhiozzo in un giorno di sciopero, altre volte ancora è rumoroso come un treno merci nella notte e in via del tutto eccezionale qualche sera è un treno a vapore con racconti fantastici tra mito e leggenda. Margherita sta lì sulla banchina con i suoi giochi, libretti e colori, io e Melina l’accompagniamo con il biglietto in mano, le luci soffuse e le parole dette piano per non riaccen- dere esaltazioni diurne. La cameretta ha un buio artificiale perché siamo dentro a quella stagione in cui finisci di cenare e fuori dalla finestra c’è ancora una luce che al massimo può ricordare un riposino postprandiale. La cameretta come fosse una sala d’aspetto della stazione con tutte quelle storie, racconti e viaggi quantomeno nelle foto appese al muro. Abbiamo chiuso le persiane, acceso la lucina sul comodino e tra le fessure si intravvedono piccole linee orizzontali di una tonalità calda, color tramonto. Il ritmo delle nostre azioni diventa sempre più pacato ma Margherita continua a correre per la stanza proprio come un pendolare alla rincorsa della coincidenza un binario più in là. Cambiare il pannolino poi diventa un’azione necessaria come obliterare il biglietto e lo facciamo con una certa velocità, come se la timbratrice fosse a un chilometro di distanza e il treno annunciato in arrivo dai tabelloni. La voce metallica degli altoparlanti però per fortuna si trasforma in quella della mamma che canta una delle nostre ninna nanna; poi arriva Morfeo, l’emozione è di un viaggio che comincia, prendiamo posto tutti nello scompartimento e chiudiamo gli occhi. Anche per stasera è andata, il treno è arrivato in orario.

carlo.zeme [at] gmail.com

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