Se cade l’occhio…

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Ha fatto molto discutere la vicenda accaduta all’inizio dell’anno scolastico in un liceo romano la cui vicepreside ha ragguardato alcune studentesse circa un abbigliamento troppo succinto indossato a scuola. Ciò avrebbe potuto indurre l’occhio degli insegnanti uomini a soffermarsi sulle grazie svelate delle fanciulle, le quali si sono ribellate, invocando il principio di libertà nell’outfit.

Ne è seguita da più parti una fervente polemica, portando a rispolverare gli slogan di autodeterminazione che segnarono le campagne femministe degli anni Settanta.

La ragazza ha commentato la faccenda con il consueto aplomb: «Hai visto? Solo tu mi stressi perché non vuoi che vada a scuola con gli shorts o con i jeans troppo strappati! Or-mai ci si veste così: ti ricordi quando dovevamo acquistare un paio di pantaloni blu e abbiamo faticato un sacco perché non ne trovavamo di normali? Tu continui a criticare, ma nella mia scuola nessuno ha niente da ridire!». Faccio un disperato tentativo per convincerla che risulta volgare, oltre che fuori luogo, trattandosi di un ambiente scolastico, rievocare la Maja desnuda e che il fascino deriva da un insieme complesso di fattori che ben poco dipendono dalle zone del corpo scoperte. La reazione è ovviamente all’insegna del «la malizia è solo negli occhi di chi guarda». Trascorso qualche giorno, arrivia-mo al malinconico cambio autunnale nell’armadio: suggerisco di provare tutti i capi esti-

vi e accantonare quelli che prevede di non indossare la prossima primavera-estate: l’armadio è già fin troppo zeppo ed è inutile sovraccaricare la sottoscritta schiava Isaura con campagne di lavaggio e stiraggio extra. Alla prova degli shorts la delusione è cocente: «Che peccato! Mi sono diventati tutti troppo corti! Non posso più metterli: sembro in costume anziché in calzoncini! Mi piacevano tanto!». Ribatto, tentando di non tradirmi con qualche risatina: «Perché? Se la malizia è solo negli occhi di chi guarda, puoi infischiartene e andare in giro con il lato b semi scoperto: cosa te ne importa?». Mi fulmina con un’occhiata lancia fiamme: «Ho capito dove vuoi arrivare! Va bene, hai ragione: è volgare andare in giro troppo svestite. Tranquilla: non metterei mai questi shorts per andare a scuola, effettivamente mi sentirei a disagio. Però mi chiedevo: è vero che io ho insegnanti quasi esclusivamente donne, ma se ai proff ogni tanto cadesse l’occhio su qualcos’altro che non sia il registro per le interrogazioni e i libri per caricarci di compiti e lezioni, non sarebbe meglio? Magari potremmo sacrificare qualche compagno maschio e vedere cosa succede, cosa ne pensi?».

Penso che le professoresse si farebbero una gran risata e riformulerebbero il vecchio adagio: «L’occhio cade… dove il dente duole!».

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