Una fiaba dark per uscire dal “Buio”

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Il film di Emanuela Rossi – Nastro d’argento 2020 per il miglior soggetto – ha ricevuto il “Cirro d’oro” a Canneto Pavese

Sabato 26 settembre alle 20.45 presso la Casa della Cultura di Canneto Pavese è stato proiettato il film “Buio”, premiato con il Nastro d’argento 2020 per il miglior soggetto.

L’evento è stato promosso dal “Cirro Capriccioso”, associazione culturale e circolo del Cinema ufficialmente riconosciuto dal Ministero per i Beni e le attività culturali, con il fine di promuovere la diffusione della cultura cinematografica attraverso proiezioni, dibattiti e incontri.

Erano presenti Emanuela Rossi e Denise Tantucci, rispettivamente regista e protagonista del film, che ritireranno il premio “Cirro d’oro 2020”.

La Rossi, giornalista, ha alle spalle la direzione di importanti cortometraggi e dal 2015 al 2017 è stata co-regista della serie tv “Non uccidere”, in onda su Rai3 e trasmessa in tutto il modo.

La pellicola – definita dalla regista «una favola femminista» – racconta la vicenda della diciassettenne Stella che, insieme alle sorelle minori Luce e Aria, interpretate da Gaia Bocci e Olimpia Tosatto, è barricata in una casa con le finestre sbarrate.

Nessuna di loro può uscire. Fuori c’è l’apocalisse con due terzi dell’umanità morti a causa dei raggi del sole diventati troppo potenti. Solo agli uomini è consentito uscire, le donne non resisterebbero. In questo caso è il padre (interpretato da Valerio Binasco) a farlo.

Il lungometraggio narra di una sorta di “lockdown” che è sembrato essere premonitore rispetto a quello vissuto dal mondo di recente.

La vita claustrofobica della casa è animata da giochi che hanno il tono del surreale come la festa dell’aria, il pic-nic al lago, una gita nel salotto in cui affiora il ricordo della bellissima mamma morta. Ogni sera il padre rientra, sveste la maschera antigas e la tuta termica e aggiorna le figlie su quanto accade fuori, con la catastrofe che continua a mietere vittime. Una sera, però, l’uomo non torna e Stella decide quindi di uscire per cercare del cibo… Da qui inizia la rinascita per lei e le sue sorelle.

“Buio” parte dalla constatazione di un quadro famigliare fortemente alienato, in un racconto di formazione sulla necessità di vivere una vita normale. Una normalità che nel film sembra essere qualcosa di lontanissimo. “Buio” è una vicenda di un dolore a lungo nascosto, di un padre padrone che vuole rendere le figlie forti come un uomo, di una chiusura che però si risolve, di donne tenaci che trovano il filo della loro vita.

“Buio” è un thriller, ma positivo, una fiaba dark, con il tono della luce, a dispetto del suo titolo.

C’è il tema della famiglia, del soffocamento emotivo di una ragazza di provincia. Ma anche i temi ambientalisti. «Non c’è bisogno di essere profetici. – afferma la sceneggiatrice – Tutti questi temi, il clima, i cambiamenti della natura, lo scioglimento dei ghiacciai, sono sempre più evidenti. Io li ho solo cominciati a sentire molto e metterli tutti in fila. La notizia dei 38 gradi in Siberia, notizia recente, è come se la gente non l’avesse registrata. Per me non è così».

Con qualcosa di autobiografico: «Buio parla anche di me: nella Stella con l’elmetto che va alla scoperta del mondo rivedo me stessa fuorisede all’Università di Bologna, all’improvviso di fronte all’universo, insieme impaurita e coraggiosa».

Nel film «abbiamo evitato le atmosfere visive fatte di colori lividi e freddi – spiega la Rossi – perché credo che sono tempi in cui il cinema deve proporre modelli positivi, di rinascita. Così ho cercato per Stella, Aria e Luce i colori più belli, per consolarle e accompagnarle nel loro cammino. Non è stato facile fare un film del genere in Italia. Da indipendenti ci siamo riusciti e ne siamo fieri: “Buio” è un inno alla vita e alla forza dell’adolescenza che trova una via d’uscita. Sempre».

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