Il santuario di Montebruno

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Di Pier Luigi Feltri

«È una strada tortuosa / Erta. / Tipica di queste nostre / zone montane.» Così Giorgio Caproni, livornese d’origine ma legatissimo a Genova e alla Liguria, descriveva la Strada Statale 45 che da Piacenza, passando per Bobbio, serpeggia lungo la valle fino al mare. Una linea che per buona parte accompagna il fiume Trebbia nel suo viaggio per territori impervi e silenziosi. Lungo questo tracciato si incontra Montebruno, piccolo paese dell’Alta Val Trebbia, in territorio ligure, ma compreso nella Diocesi di Tortona. Proprio la Trebbia separa il centro abitato dal suo cuore spirituale: il santuario di Nostra Signora di Montebruno. Circa la sua origine, si narra che un pastorello muto abbia lì scorto la Madonna, ritrovando poi miracolosamente la parola per annunciarne l’apparizione. Accorsi nel luogo, gli abitanti rinvennero una statua lignea della Vergine. Quell’effigie, che si ritiene di origine bizantina ed è definita “acheropita” – non fatta da mano umana – è ancora oggi custodita sull’altare maggiore. La prima notizia storica del santuario risale al 1489, anno in cui un decreto pontificio ne autorizzava l’edificazione, su iniziativa del beato Battista Poggi, noto anche per aver fondato la chiesa della Consolazione a Genova. Altomedievale è invece il ponte Doria, in pietra, che collega al paese il complesso religioso, di cui è parte anche l’antico convento agostiniano. L’interno della chiesa ha un impianto gotico; le decorazioni, ricche e luminose, tradiscono il gusto barocco che nei secoli ha arricchito il complesso. Tra le opere pittoriche si segnalano due tele seicentesche, una delle quali di Agostino Ratti con il Transito di san Giuseppe, e un affresco di Giovanni Quinzio che racconta la storia dell’apparizione. La cappella Agostiniana conserva un affresco dell’Ultima Cena, realizzato in origine per il refettorio del convento da autore ignoto, sulla scia stilistica del cenacolo vinciano. Il coro ligneo ospita il dipinto del Battesimo di sant’Agostino di Ottavio Semino. Nel chiostro inferiore è allestita la mostra fotografica permanente dedicata ai luoghi di culto della Val Trebbia. In quello superiore trova invece spazio il Museo della Cultura Contadina dell’Alta Val Trebbia, fondato nel 1990, con ambientazioni ricostruite, attrezzi agricoli, mezzi di trasporto, arredi liturgici e una sezione sull’artigianato montano. Il museo apre su prenotazione per scolaresche e gruppi organizzati, ma è visitabile liberamente in occasione degli eventi del paese.

pierluigi.feltri [at] gmail.com

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