Grazie a chi legge

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di Patrizia Ferrando

“Grazie” è una di quelle parole che fanno bene a chi le dice e a chi le riceve, una via semplice e insostituibile verso empatia e considerazione del prossimo. Papa Francesco ha più volte sottolineato come le parole gentili costruiscano un modo migliore di vivere. L’importante, dunque, è ringraziare, dare valore agli altri e coltivare in noi stessi quel senso di gratitudine che può riempire tanti vuoti. Facile? In teoria sì, in pratica un po’ meno. Quando arriviamo al “come” ringraziare, non di rado si manifestano due difficoltà di opposto segno. Da un lato troviamo chi, in sostanza, s’imbarazza a dire questa breve parola, nemmeno si trattasse di una forma d’invadenza, e chi, all’opposto, la ripete continuamente in maniera meccanica, fino a svuotarne la formula. Ma cosa significa dire grazie?

In senso immediato, chiedere uno sguardo di benevolenza divina su desideri e bisogni della persona cui siamo grati: ampliando il concetto anche al di fuori della matrice religiosa, vuol dire augurare positività e garantire un nostro pensiero di attenzione verso chi ci mostra cortesia. Proviamo a guardare qualche esempio concreto. In famiglia e con le persone a noi più vicine, qualcuno tende a tralasciare il ringraziamento, inteso come formalità; però non è una formalità, anzi, il contesto è fondamentale. Diciamo grazie per i piccoli atti, e proviamo, proprio nel nome dell’intimità e della confidenza, anche a condividere momenti di gratitudine per la bellezza e la gioia che la vita ci riserva. Incoraggiamo i bambini a ringraziare, non spingendoli come cavallini recalcitranti, ma aiutandoli ad afferrare il senso di un grazie. Ringraziamo chi svolge per noi un lavoro, chi ci aiuta, chi ci fornisce un servizio. Facciamolo a voce, con le parole, i biglietti o i doni, sempre in modo personalizzato, non mellifluo e misurando l’opportunità di frasi e gesti, con una solo regola: mai dare qualcuno per scontato. Un grazie garbato va anche a chi si complimenta con noi, e non va seguito da precipitosi tentativi di sminuire noi stessi, così come a chi ci fa un regalo, per il quale aggiungeremo sempre parole di apprezzamento.

Infine, quando qualcuno ci presta un servizio composto di plurimi passaggi, ad esempio il cameriere di un ristorante, ringraziamo per bene a inizio e fine pasto o quando ci viene procurata una nostra speciale richiesta e ricambiamo ogni gesto con un lieve sorriso. Il nostro grazie sarà bellissimo se non diventerà artificioso e, in parallelo, se non suonerà adulatorio. Eccedere in ringraziamenti verso chi ha prestigio o potere, magari trascurando altri, non indica certo buona educazione.

patrizia.marta.ferrando@gmail.com

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