Il ritrovamento del corpo di san Marziano

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Fino agli anni sessanta del XX secolo il 20 ottobre era per la nostra Diocesi un giorno festivo, ricorrenza della “Inventio” delle spoglie del nostro primo Vescovo

di don Maurizio Ceriani

La liturgia tortonese, “ab immemorabili” e fino al secolo XX, ha celebrato come specialissimo giorno festivo il 20 di ottobre ricorrenza della “Inventio Sancti Martiani Protoepiscopi”, cioè del ritrovamento del corpo del nostro primo Vescovo a opera di Sant’Innocenzo nel secolo IV. Nella lingua latina il termine “invenzione” non ha l’accezione moderna, ma significa semplicemente “ritrovamento”, secondo la forma verbale “invenire” che veicola il significato di “rinvenire” e non quello di “inventare”. Già nel sinodo del vescovo Maffeo Gambara del 1595 il 20 ottobre compare come giorno festivo, in cui gli uffici curiali osservavano il riposo; ugualmente i libri liturgici tortonesi riportano l’ufficiatura propria del 20 ottobre fino agli anni sessanta del XX secolo. Oggi dovremmo forse chiederci se tale ricorrenza non sia stata un po’ troppo frettolosamente eliminata dai nuovi calendari diocesani.

Il testo della “Inventio”

Il racconto dell’episodio del ritrovamento del corpo è contenuto nella “Inventio corporis Sancti Martiani”, un testo a sé stante all’interno della narrazione della vita di Sant’Innocenzo. La “Vita et transitus Sancti Innocentii episopi et inventio corporis Sancti Martiani martyris” è uno scritto molto conosciuto, pubblicato nel 1478 nel “Sanctuarium” di Bonino Mombrizio e conservato in almeno sei manoscritti, che si collocano tra il X e il XV secolo, in due differenti versioni, indicate dagli storici con le sigle BHL4281 – nota anche come “Acta Sancti Innocentii” – e BHL4281/c, dove la seconda è una riscrittura successiva della prima. Entrambe le versioni contengono l’“Inventio Sancti Martiani” cioè il racconto del ritrovamento del corpo di San Marziano. Gli studi effettuati nell’ultimo ventennio da Paolo Tomea dell’università “Cattolica” di Milano – e da noi già più volte citati – chiudono definitivamente la cosiddetta “tradizione ottoniana” sulla datazione di questi testi, retrodatandola di alcuni secoli. Tuttavia pare che una perfida maledizione gravi sulla ricerca storica attorno alle figure di Marziano ed Innocenzo, poiché in molti scritti divulgativi, alcuni anche usciti in questo anno giubilare, si continua a citare l’obsoleta e superata diatriba di inizio Novecento e ad ignorare gli studi sistematici di Paolo Tomea.

Il racconto del ritrovamento

Il racconto del ritrovamento è scarno ed essenziale come in tutto ciò che riguarda il nostro Patrono. Sant’Innocenzo ne è il protagonista, ma deve condividere il ruolo di personaggio comprimario con un “oscuro” Prete Giacomo, che è il vero destinatario dell’intervento divino. Era vivo desiderio di Sant’Innocenzo, accompagnato da una continua preghiera, ritrovare il sepolcro di San Marziano, la cui ubicazione era sconosciuta, forse proprio per la sepoltura clandestina operata da San Secondo, che incontrò anch’esso il martirio pochi giorni dopo Marziano. L’intervento divino per far conoscere il luogo della tomba del nostro Patrono si svolge, secondo il racconto della “Inventio”, in un modo che ricalca le grandi rivelazioni bibliche. Ad esse infatti sembra ispirarsi l’agiografo, che resta tuttavia fedele alle antiche tradizioni orali della comunità cristiana tortonese; soprattutto nel riferire il protagonista dell’evento soprannaturale: il prete Giacomo, personaggio che compare dal nulla e nell’oblio immediatamente ritorna. Di lui si dice solo che avesse fama di santità. Giacomo stava officiando secondo il turno del suo servizio nella chiesa di Santa Maria, la cui ubicazione è ancora oggi custodita dall’attuale chiesa di Santa Maria Canale. In sogno ebbe una visione in cui un angelo gli disse: «Vieni e ti mostrerò il luogo di sepoltura di Marziano martire e confessore!». E lo condusse fuori la porta della città, indicandogli il luogo. Quindi gli affidò questa missione: «Va’ a dire al vescovo Innocenzo: questo è il luogo dove riposa il corpo del vescovo Marziano». Innocenzo fu raggiunto da Giacomo alla fine del “Mattutino”, cioè la preghiera che corrisponde al nostro ufficio delle letture e che veniva celebrato nelle ore notturne sul far dell’alba. Portatisi in processione sul luogo indicato dalla visione, videro un folto albero di sambuco. Allora chiamati i diaconi Celso e Gaudenzio affidò a loro il compito di rimuovere le lastre sepolcrali sulle quali stavano incise le seguenti parole: “qui riposa il corpo di Marziano vescovo e martire”. Aperto il sepolcro fu trovato il corpo del Santo Vescovo con accanto un vaso di vetro con il sangue e la spugna usata da San Secondo per raccoglierlo; subito si sparse un fragrante profumo proveniente dalla tomba. Il testo riporta anche il racconto di un altro fatto prodigioso, cioè il ritrovamento del corpo di Marziano intatto col sangue ancora fresco, come prova che avvera il brano evangelico: “neppure un capello del vostro capo andrà perduto”.

Gli sviluppi successivi

Sul luogo della sepoltura Sant’Innocenzo edificò un luogo di culto come era comune prassi nei primi secoli, che si sviluppò fino a diventare la grande abbazia del secolo X, centro di spiritualità e di cultura. La sepoltura di Marziano rimase nel luogo originale fino al secolo XIV, quando le spoglie furono trasferite nell’antica cattedrale.

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