L’ambiguità del coltello

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di Patrizia Ferrando

Uno dei metodi migliori per comprendere, e quindi imparare, le regole del galateo, è tenere a mente che non nascono dal nulla e, quando la loro matrice non si intuisce subito, probabilmente ne va indagato il motivo storico o simbolico.

Tutto questo non entra in ballo soltanto se dovesse arrivarvi un invito da Buckingham Palace, perché riguarda banalissimi oggetti, di ogni giorno.

Ciò premesso, dunque, pensiamo al coltello.

Fra le posate, spicca come quella che conserva un tratto di ambiguità: anche se i due divergono moltissimo, coltelli si chiamano sia quelli da mettere a destra dei piatti quando apparecchiate, sia le armi da taglio.

E nel ricordo di una funzione aggressiva, che ferisce e interrompe, va a disegnarsi un percorso di “civilizzazione”.

Oggi un coltello da tavola non ha nulla in comune con un pugnale, la punta è tonda e smussata, l’affilatura quasi inesistente. Non di rado viene da lamentarsi «non taglia niente!», mentre chi vuol gustare una fiorentina o una grigliata vede arrivare una posata più robusta nell’impugnatura e più “agguerrita” nella parte metallica. Ma da retaggi lontani derivano tante piccole grandi norme.

Non dimentichiamo come in ambito orientale, dove altissima spicca la corrispondenza fra cultura e non violenza, i coltelli restano appannaggio dei cuochi e non giungono sul-la mensa.

La lama, nel preparare la tavola, andrà rivolta verso il piatto, mai verso l’esterno.

Non bisogna impugnare il coltello come una sciabola, e nemmeno come un tagliacarte o come un pennello. Quanto al gesticolare, se proprio non riuscite ad evitarlo, di certo non si fa con posate fra le mani.

Infine, abbiamo l’elenco dei cibi che non si toccano col coltello: i primi, i dolci, gli asparagi, le patate, i formaggi morbidi, le uova, e il pane. Per il pesce andrebbe utilizzata solo la posateria apposita. Nel dubbio, meglio limitarsi alla forchetta quando un alimento appare abbastanza cedevole.

Ma perché? Se i cambiamenti di materiali hanno cancellato il timore di alterare il colore di alcune sostanze, rimangono i rimandi simbolici.

Il coltello che fende e interrompe non deve ferire il pane, per il significato eucaristico e per l’universale senso di concordia, amicizia, condivisione.

Allo stesso modo, non si tagliano l’uovo e gli asparagi, perché entrambi, in diverse culture, simboleggiano vita e fecondità. Quanto al pesce, non dimentichiamo che fu simbolo paleocristiano per eccellenza, con le lettere del sostantivo greco, che, in acronimo, richiamavano Gesù Cristo.

patrizia.marta.ferrando@gmail.com

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