Camerlengo ti scrivo

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Di Silvia Malaspina

Caro il mio Card. Kevin Joseph Farrell, spero non me ne vorrai se mi rivolgerò a te con la seconda persona singolare, come è d’uso in questa rubrica, indipendentemente dal destinatario. Come ormai tutti sappiamo, sei il Camerlengo pontificio: questo ti- tolo ha un sapore un po’ esoterico, evoca qualcosa di magico e sconosciuto, come, in effetti, è stata la tua comparsa nel nostro quotidiano, improvvisa come un fulmine, esattamente come la morte di Papa Francesco. Riflettendoci, caro Camerlengo, è il tuo incarico stesso a essere tanto prestigioso quanto evanescente: resti nell’ombra durante tutta la durata del papato, poi, quando inizia il periodo di sede vacante del Vaticano, non appena il Pontefice chiude gli occhi sul mondo terreno, diventi una figura chiave, poiché, decadendo in maniera automatica la quasi totalità dei responsabili dei dicasteri curiali, devi occuparti di tutta una serie di incombenze amministrative, in qualità di responsabile dei beni e diritti temporali del Vaticano, finché non sia eletto un nuovo Papa. Anche sull’elezione del nuovo Pontefice, caro Camerlengo, avrai il tuo bel da fare: quando inizierà il Conclave, dovrai supervisionare le procedure e assicurarti che tutto quello che succede nella Cappella Sistina resti segreto, controllando che i locali dove si svolge la votazione restino chiusi e che nessuno vi acceda senza autorizzazione. A te i cardinali dovranno consegnare scritti di qualunque genere relativi all’esito di ciascuno scrutinio, documenti che poi saranno bruciati. Non sarai però tu ad annunciare il fatidico: «Habemus papam», poiché tu stesso hai la possibilità di salire al soglio pontificio. Sono però convinta che la parte più ardua che la tua carica comporta sia stata quella di accertare ufficialmente la dipartita del Pontefice al cospetto del Maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, dei Prelati chierici, del Segretario e cancelliere della camera apostolica e darne l’annuncio al mondo. La commozione e il cordoglio trasparivano con evidenza: quel «profondo dolore» non era solo nelle tue parole, ma nella tua espressione, nei tuoi occhi, nel tuo stringere convulsamente il foglio dell’annuncio quasi a voler cercare sicurezza, nel tuo tono di voce che nessun artificio recitativo avrebbe potuto rendere così bas- so e accorato. Cosa augurarti, caro Camerlengo? Terminate le esequie di Papa Francesco, che ti hanno visto sempre in primo piano, che tu possa espletare il tuo incarico con serenità, traghettando la Chiesa attraverso i giorni sospesi di un vacuum che tutti auspichiamo sia colmato presto da una luminosa fumata bianca. silviamalaspina [at] libero.it

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