Bugie profonde dalla rete

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di Ennio Chiodi

Diffondere notizie false o tendenziose e far circolare opinioni tossiche o fuorvianti è – di questi tempi– abbastanza semplice: esattamente come pubblicizzare e vendere in rete prodotti scadenti o investimenti truffaldini. L’espediente più efficace è quello usato, fin dagli esordi della rete, dagli oligarchi di Internet (per usare la definizione di Franco Bernabè e Massimo Gaggi): “catalogare” i profili di milioni di utenti sulla base delle loro ricerche. Individuati bisogni, desideri, ambizioni e, appunto, opinioni, è un gioco da ragazzi far giungere annunci e proposte in modo mirato e quindi molto più “produttivo”. L’Unione europea è a forte rischio contaminazione, in vista delle elezioni europee e di diverse consultazioni elettorali nazionali. Il più esposto è il nostro Paese. Ce ne rendiamo conto anche solo frequentando i “social” o seguendo trasmissioni radiofoniche e televisive intrise di odio ed estremismo, e infarcite di personaggi poco attendibili, ma, incredibilmente, sempre più popolari. Secondo le indagini condotte dagli organismi di controllo degli stessi social come Facebook, Instagram e Tik Tok, “l’Italia ha avuto tra i Paesi europei, il maggior numero di contenuti rimossi per diffusione di disinformazione tra gennaio e giugno 2023. Su Facebook ne sono stati rimossi 45.000 su un totale di 140.000 in tutti i Paesi UE. Su Instagram 1.900 su 6.900 e su Tik Tok 45.510 video su un totale di 140.635 individuati sull’intero territorio UE”. L’allarme è stato lanciato nei giorni scorsi da Vera Jourova, vice presidente della Commissione, con delega ai valori e alla trasparenza. I principali “attacchi” vengono da Russia, Cina e Iran ma anche da diverse organizzazioni specializzate nella sistematica disinformazione. Il fenomeno non è certamente nuovo. Basti pensare al ruolo – probabilmente determinante – giocato dal sistema delle fake in diversi momenti cruciali per la democrazia: la scorsa elezione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump; il Referendum per l’uscita della Gran Bretagna dalla Unione Europea, la “Brexit”; la mobilitazione per l’assalto al Congresso degli Stati Uniti dopo la vittoria di Biden, quattro anni fa. È stato lo stesso fondatore di Meta, Mark Zuckerberg, ad ammetterlo e a scusarsi in diverse pubbliche occasioni. Oggi lo scenario è peggiore: le “fake news” diventano “deepfake” – “bugie profonde” letteralmente – ancora più solide e credibili grazie alla manipolazione consentita da AI, l’intelligenza artificiale generativa, capace ad esempio di creare foto, video, voci e l’aspetto reale dei protagonisti, molto credibili quindi, ma drammaticamente falsi. Occhio alle “frottole”: oggi più le sparano grosse più rischiano di essere creduti.        

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