Sulla pista di atletica con Marcell Jacobs e “Gimbo” Tamberi

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Olimpiadi 2020. Il racconto dei due ori italiani che entrano nella storia. E i famigliari dell’uomo più veloce del mondo lo hanno seguito in tv da Novi Ligure

Mai avrei pensato di vivere un’emozione sportiva più forte rispetto alla finale dei Mondiali di calcio del 2006. Almeno fino a qualche sera fa. Essere letteralmente in prima fila per assistere a quella che diventerà la serata simbolo dello sport italiano da qui ai prossimi decenni, non ha eguali. A maggior ragione in occasione di Olimpiadi, di fatto, a porte chiuse. Nessuno si sarebbe potuto aspettare un simile epilogo. In 12 minuti la storia dello sport tricolore è stata totalmente riscritta da Marcell Jacobs e “Gimbo” Tamberi. Raccontare in presa diretta questo momento spartiacque è stato qualcosa di indescrivibile. E dire che mentre mi recavo allo stadio olimpico di Tokyo non ero così fiducioso sull’esito delle gare. Non che non credessi nelle potenzialità di questi due campioni, ma per diverse ragioni un simile doppio risultato non mi sembrava possibile. Ed è bello pensare a quanto il nostro territorio abbia dato a quello che oggi è l’uomo più veloce del mondo.

La compagna di Jacobs che viveva a Novi Ligure, da dove ha seguito il trionfo di Marcell insieme ai loro figli, e l’allenatore cresciuto nella frazione tortonese di Torre Garofoli. «In provincia di Alessandria ho passato del tempo prima di andare ad abitare a Roma e mi sono sempre trovato benissimo. Sono sicuro che, anche da lì, sono state tante le persone che mi hanno tifato e le ringrazio». Queste le parole del razzo che in Giappone ha azzerato la concorrenza. Un team vincente che lo ha seguito a Roma, dove ha fatto il definitivo salto di qualità per poi raggiungere la gloria.

La serata del 1° agosto è stata surreale. Alle 21.51, ora locale, la storia era stata ufficialmente scritta, ma tra adrenalina, interviste, spostamenti e tanto lavoro ancora da fare sapevamo che la nottata sarebbe stata lunga. Una nottata che però ci siamo goduti fino all’ultimo secondo. Emozionante la nostra entrata sulla pista, con selfie e foto di rito per immortalare insieme, increduli, il momento che molto probabilmente non si ripeterà più in futuro. Troppo forte l’eccitazione sia per noi giornalisti sia per i dirigenti dell’atletica italiana e del Coni, sulla pista che ha consegnato Marcell e Gimbo all’immortalità.

Alla fine il letto è stato toccato alle 6 del mattino, quando in Italia erano le 23. Nulla però è stato più bello dello svegliarsi il giorno seguente, rendersi conto che fosse tutto vero e tornare allo stadio per ascoltare per due volte l’inno di Mameli e per assistere a una nuova sessione serale di gare.

In tanti lungo la strada, tra colleghi e volontari, ci fermavano per farci i complimenti per quello che è stato un doppio evento che ha evidentemente colpito il mondo intero. Un’eccezionalità alla quale si aggiunge il fatto che Jacobs ha ora raccolto l’eredità di un certo Usain Bolt, il più grande velocista di sempre che a Rio 2016 aveva disputato i suoi ultimi Giochi a cinque cerchi. Un testimone pesante, che l’Italia è stata pronta a ricevere.

dal nostro inviato a Tokyo

Luca Lovelli

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