20 anni sempre con Giuseppe

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Broni ricorda il giovane scomparso in un incidente stradale all’età di 18 anni: un ragazzo dal sorriso gentile e dall’animo buono la cui memoria è stata mantenuta viva dai genitori e da tanti amici

Il 9 aprile del 2002 era un martedì, una giornata grigia e piovosa, resa ancora più triste dalla notizia che “il Gallo” aveva tragicamente perso la vita.

Nel 20° della morte di quel brillante studente liceale, animatore dell’oratorio, sportivo, la città organizza per lui alcuni eventi. Mentre il suo papà e la sua mamma, Emilio e Wilma (che è tornata al Cielo un mese fa), dopo aver patito il dolore più grande, hanno spalancato le loro porte e il loro cuore al prossimo, mettendo in circolo un fiume di bene e di carità.

Sabato 9 aprile, alle ore 10.30, gli amici di Giuseppe Gallopin doneranno alla città di Broni un ulivo che verrà posto, insieme a una targa, nei pressi del Pala Brera in via Galileo Galilei a Broni.

La sera dello stesso giorno, alle 20.30, in basilica sarà celebrata la Santa Messa di suffragio.

Venerdì 27 maggio, alle 21, al teatro Carbonetti si terrà il festival Le Voci di domani, in un’edizione speciale dedicata a Giuseppe e alla sua mamma.

Il suo sorriso non passerà

Sono passati vent’anni da quella tragica notte tra l’8 e il 9 aprile 2002 quando a Broni, a seguito di un grave incidente stradale, perdeva la vita – a soli 18 anni – il caro Giuseppe Gallopin, amico sincero e sempre disponibile, un compagno di classe allegro e generoso, uno studente di liceo preparato, un promettente giocatore di pallacanestro, un figlio amorevole.

Vent’anni sono passati, gli amici e i compagni sono cresciuti, i professori sono andati in pensione, i genitori sono invecchiati, ma il ricordo di quella notte è rimasto impresso indelebilmente nel cuore di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo in vita e anche di coloro che, seppur non personalmente, hanno avuto modo di apprezzarne, nei racconti, il valore e la statura morale.

Tuttavia, se tale memoria fosse ancora oggi intrisa della drammaticità di quei giorni, delle lacrime versate alle esequie e dell’ineluttabile sconforto del distacco, la morte di Giuseppe sarebbe stata vana, sterile, ancor più tragica.

Così, evidentemente, non è stato.

Come vera medicina dell’anima, la speranza cristiana ha avvolto e scaldato il cuore di coloro che stavano piangendo, degli adorati genitori Wilma ed Emilio, dei parenti, degli amici, anche di quelli più tiepidi nella fede, riportando la luce dov’era la tenebra, il frutto dove il terreno sembrava ormai arido.

Il ricordo del caro Giuseppe, infatti, s’è presto dipinto di carità, di solidarietà, di gioia, di musica e di festa, concretizzandosi in un provvidenziale rincorrersi di commemorazioni, manifestazioni musicali, opere di bene e tornei sportivi, tutti dedicati a quel giovane la cui vita, ne siamo certi, non è stata tolta, ma trasformata.

Non possiamo non ricordare le Sante Messe in suffragio celebrate il 9 aprile di ogni anno, i concerti organizzati nella piazza di Broni, il concorso per le borse di studio “Expo 2015” in favore degli studenti più meritevoli del liceo di Broni, frutto della generosità di Wilma ed Emilio, le “biciclettate” benefiche organizzate dall’oratorio “De Tommasi”, che Giuseppe frequentava come animatore dei più piccoli, l’annuale Festival Musicale Le Voci di domani al teatro “Carbonetti”, il memorial di basket “Giuseppe Gallopin” e altri innumerevoli eventi che, anche in futuro, perpetueranno il ricordo del nostro indimenticabile amico.

Da ultimo, il prossimo sabato 9 aprile 2022 alle ore 10.30, presso il PalaBrera di via Galileo Galilei a Broni gli amici doneranno alla città una pianta di ulivo e una targa, in memoria di quel giovane la cui freschezza ha lasciato un segno in molti cuori.

Passeranno altri vent’anni, gli amici saranno più “maturi”, il mondo sarà forse cambiato, ma il viso sorridente di Giuseppe, seduto al banco a seguire una lezione interessante, in campo preparandosi a un lancio difficile, al Grest dell’oratorio per un gioco di squadra oppure abbracciato a mamma e papà, mai tramonterà.

Alessandro Novarini

Una mamma che accoglie

Mi è stato chiesto di racchiudere Wilma in poche battute per essere contenute in un articoletto. Ma racchiudere Wilma in poche parole è un’impresa impossibile.

Inizierei dalle tre virtù teologali per descriverla: fede, speranza e carità.

Wilma era una Madre. Una madre in senso biblico, una madre che accoglie, una madre che ama, una madre che dà serenità col suo sorriso, una madre che dà rifugio col suo abbraccio, una madre che attraverso la fede, una fede enorme, è stata capace di far fiorire il seme che Giuseppe aveva piantato nel suo cuore: il seme della vita, dell’amore per il prossimo, dell’amore verso Dio. Quel seme che lei ora ha lasciato in tutte le persone che, anche per poco, hanno avuto la fortuna di incontrarla sul proprio cammino, continuerà a rifiorire e la farà rinascere in noi a ogni primavera. Come le violette che saranno piantate intorno all’ulivo che gli amici di Giuseppe doneranno al Comune di Broni in occasione del ventesimo anniversario della sua scomparsa tra pochi giorni. Un ulivo simbolo di pace, una cosa quasi desueta ai giorni nostri, quella che Giuseppe donava a tutti noi col suo sorriso e il suo “esserci” proprio come fanno le piante che con il loro laborioso e silenzioso “esserci” permettono la vita.

Troviamo scritto nella Bibbia che la fede senza le opere è morta, se non si accompagna alla speranza e all’amore.

Papa Francesco ha detto più volte che la speranza «è la più umile delle tre virtù teologali, perché rimane nascosta», è una virtù che non delude mai: se tu speri, mai sarai deluso. È una virtù concreta, di tutti i giorni perché è un incontro e ogni volta che incontriamo Gesù nell’Eucaristia, nella preghiera, nel Vangelo, nei poveri, nella vita comunitaria, ogni volta facciamo un passo in più verso questo incontro definitivo. La speranza ha bisogno di pazienza, è la pazienza di sapere che noi seminiamo, ma è Dio a dare la crescita. «La redenzione – dice Benedetto XVI – ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino».

Il cammino di Wilma è stato segnato dalla perdita di Giuseppe, ma lei ha operato con la speranza di poter ricongiungersi a lui nel regno di Dio.

Infine troviamo la carità. Una carità silenziosa; nessuno sa a quante persone Wilma abbia aperto le porte della sua casa, le abbia aiutate concretamente in momenti difficili, le abbia accolte. Al suo funerale è stato detto che Wilma aveva una grande capacità di dialogare con le persone, aveva quella straordinaria e innata empatia che le permetteva di sintonizzarsi con l’interlocutore chiunque esso fosse. Non conosceva inoltre il rancore che deriva spesso dalla mancata riconoscenza di chi è stato aiutato, era un sostegno il suo a senso unico.

Con la sua morte abbiamo perso una donna forte, un grande esempio di vita, una cristiana con la “c” maiuscola ma siamo certi che la sua eredità sarà feconda: faremo in modo che non sia vissuta invano.

Sofia Achilli

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