La Giovine Europa

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di Silvia Malaspina e Carolina Mangiarotti

“Dobbiamo avere la forza di rilanciare il nostro processo di integrazione, cambiando la nostra Unione per renderla capace di rispondere alle esigenze dei nostri cittadini e per dare risposte vere alle loro preoccupazioni, al loro sempre più diffuso senso di smarrimento. La difesa e la promozione dei nostri valori fondanti di libertà, dignità e solidarietà deve essere perseguita ogni giorno dentro e fuori l’Unione Europea”: questa è la frase di David Sassoli, scomparso nelle prime ore di martedì 11 gennaio, che più ci ha impressionato. Siamo addolorate per la morte di un politico sensibile, non arroccato sulla propria poltrona, ma vicino alla gente e ai problemi di tutti. Il convinto spirito europeista che ha caratterizzato l’esperienza politica di Sassoli ci ha fornito l’occasione di confrontarci su quanto sia cambiata la concezione di identità nazionale ed europea nel corso degli ultimi trent’anni.

«Tutti blaterano di Europa unita come se si trattasse di un’entità astratta e non capiscono che per gli under 30 la questione non si pone nemmeno: noi siamo cittadini europei! Vogliamo tornare a muoverci liberamente come si faceva prima del Covid! Non c’è bisogno di fare tanti discorsi inutili sull’Europa, è sufficiente guardare i giovani: per noi andare a studiare all’Università a Pavia, a Palermo, a Barcellona o a Berlino è esattamente la stessa cosa. Al limite un ostacolo può essere la lingua, ma ormai, se conosci l’inglese, vai ovunque senza problemi.» Questa osservazione scatena l’onda dei ricordi universitari risalenti ai primi anni Novanta: «È vero! Ti racconto un aneddoto che la dice lunga al riguardo: al mio corso di Storia della Filosofia medievale era arrivato un ragazzo dall’Olanda con il programma Erasmus: a Pavia era uno dei primi con i quali ci confrontavamo. In breve tempo divenne una celebrità, un po’ perché, va detto, era un ragazzo bellissimo, ma soprattutto perché il fatto che arrivasse dall’Olanda era considerato un esotismo mai visto. Veniva invitato a tutte le feste, tutti si offrivano di passargli gli appunti e a mensa c’era la gara a spiegargli il contenuto dei piatti, anche se talvolta appariva misterioso persino a noi!» «Vedi? Questo succedeva perché voi vi consideravate solo italiani, mentre lui era lo straniero che bisognava aiutare. Oggi invece siamo tutti alla pari, italiani, olandesi, spagnoli… abbiamo una base culturale comune che a voi mancava. Il fatto di essere sempre connessi ha annullato le distanze e creato un linguaggio comune.» «Devo prendere atto che la tanto demonizzata Rete sta portando anche un’evoluzione positiva: la nostra patria non sarà più solo l’Italia, ma sembra realmente essere diventata anche quella “Giovine Europa” che Mazzini auspicava. Credo che porterà qualcosa di buono anche a chi tanto “giovine” non è più.»

silviamalaspina@libero.it

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