Beata Elia di S. Clemente

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Era il 18 marzo del 2006 quando, nella cattedrale di Bari, è stata beatificata Elia di san Clemente, monaca professa dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, che la Chiesa ricorda il 29 maggio. La vita di questa donna, “piccolo sorriso del buon Dio” è semplice e piena di amore. Nacque a Bari il 17 gennaio 1901, terzogenita della famiglia Fracasso e fu battezzata, con il nome di Teodora dallo zio don Carlo. Nel 1905 la sua famiglia si trasferì in una casa con un piccolo giardino e la piccola Teodora affermò di avere visto in sogno una bella “Signora” che si aggirava tra i gigli fioriti, poi sparita all’improvviso, cui promise di farsi monaca. Nel 1911, la notte precedente alla Prima Comunione, sognò S. Teresa di Gesù Bambino che le disse: «Sarai monaca come me». In seguito frequentò il laboratorio di cucito e di ricamo presso l’istituto delle Stimmatine. Entrò a far parte dell’associazione della beata Imelda Lambertini e poi passò alla “Milizia Angelica” di San Tommaso d’Aquino. Riuniva le amiche nella cameretta di casa per meditare e pregare insieme. Fu Pietro Fiorillo, suo direttore spirituale, a introdurla nel Terz’Ordine Domenicano, nel quale entrò come novizia il 20 aprile 1914, con il nome di Agnese.

Durante gli anni della Prima Guerra Mondiale ebbe molte occasioni per fare del bene al prossimo e portare avanti la sua opera di catechesi. Verso la fine del 1917, decise di rivolgersi per un consiglio al gesuita Sergio Di Gioia, il quale, divenuto suo nuovo confessore, la indirizzò, insieme a un’amica, al Carmelo di San Giuseppe, a Bari. Entrò in comunità l’8 aprile 1920 e rivestì l’abito il 24 novembre, assumendo il nome di suor Elia di San Clemente.

Emise i primi voti semplici il 4 dicembre 1921. Oltre a S. Teresa di Gesù, prese come sua guida Teresa di Gesù Bambino, seguendo la “piccola via dell’infanzia spirituale”.

Fece la professione solenne l’11 febbraio 1925. Il suo cammino, sin dall’inizio, non fu facile. Trascorreva molto tempo nella sua cella, dedita ai lavori di cucito che le erano affidati e fu nominata sagrestana nel 1927. Intrattenne un’edificante corrispondenza epistolare con padre Elia di S. Ambrogio, procuratore generale dei Carmelitani Scalzi. Verso la fine del 1926 cominciò a soffrire per un continuo mal di testa, che lei chiamava il suo “fratellino”. Alcuni giorni prima di Natale, accusò una forte febbre e altri disturbi riconducibili a una possibile meningite o encefalite. Morì alle ore 12 del 25 dicembre. Le sue spoglie riposano in un’urna nella cappella del suo monastero.

Daniela Catalano

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