Un Festival-Gattopardo
Di Silvia Malaspina
Caro il mio Carlo Conti, hai appena terminato di condurre per la quarta volta il Festival di Sanremo e immagino ti possa ritenere soddisfatto: sulle tue spalle gravava la pesante eredità dello sfavillante duo AmadeusFiorello, le aspettative erano molto alte e il rischio di una débâcle dietro l’angolo. La tua scelta è stata astutamente improntata alla sottrazione di ogni orpello di corredo: non potendo aggiungere nulla allo show globale delle ultime edizioni, sei andato dritto alla sostanza, puntando il faro esclusivamente sulla musica. Devo ammettere, caro Carlo, che i primi 90 minuti della serata di martedì 11 febbraio mi hanno lasciata un po’ perplessa: la tua conduzione garbata, ma molto essenziale, a tratti asettica e la tua percettibile preoccupazione di non accumulare ritardo, quasi fossi un Frecciarossa, mi hanno fatto rimpiangere la presentazione un po’ gigionesca del buon Amadeus. E poi ecco il coup de théâtre: hai estratto dal cilindro del bravo presentatore Lorenzo Jovanotti che, con un total look bronzo-dorato, ha infiammato la platea glitterata dell’“Ariston”, conferendo la vera svolta non solo alla puntata inaugurale, ma a tutta la kermesse. Nelle serate seguenti abbiamo avuto picchi di ospitate: cito solo Damiano David, sempre magnetico, e i Duran Duran che non hanno deluso le aspettative e si sono simpaticamente riciclati. Complice una strepitosa Katia Follesa in amarcord del film Sposerò Simon Le Bon, la quale è riuscita a realizzare il sogno delle ormai da 40 anni ex ragazzine che volevano impalmare il front man (tranne me: io volevo sposare il bassista John Taylor!). Ho trovato, caro Carlo, azzeccata la scelta dei co-conduttori, graziati dalla recita dei monologhi a tarda notte, ma ciò che vorrei sottolineare è che, indipendentemente dal valore che vogliamo dare agli ascolti, è evidente che il Festival di Sanremo continui a essere uno dei pochissimi momenti di aggregazione collettiva del nostro Paese. È pur vero che c’è sempre qualcuno che si vanta di non guardarlo, perché andare controcorrente fa (radical) chic, ma Sanremo, di fatto, anima l’Italia e le conversazioni degli italiani per una settimana. Mi concederai, caro Carlo, un piccolo appunto: facendo tuo il gattopardesco motto del “se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”, hai dichiarato che nei tuoi intenti questo voleva essere un festival “baudesco”: il Pippo nazionale è senza dubbio un monumento delle tv italiana, ma i tempi cambiano… se la kermesse è stata vinta (vivaddio!) da un 23enne, a quando l’affidamento della conduzione a una delle eterne promesse?
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