Sentire il legame con la nostra terra. Come ha fatto Valeria

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Le comunità che hanno saputo riconoscere cervelli e forza di personaggi del passato, oggi sembrano poco propense a tenersi insieme. Invece serve starci davvero, non solo con eterei slogan. Lo ha detto anche il vescovo

di Pierangela Fiorani

Secondo un racconto che ci viene dalla mitologia greca Anteo traeva la sua forza dal contatto con la terra, cioè con la madre Gea.

Per sconfiggerlo, infatti, Ercole dovette sollevarlo dal suolo e tenerlo in alto fino a che il gigante, che era anche figlio di Poseidone, perdette ogni vigore. Se c’è una morale che si possa leggere anche oggi nella favola antica è certamente quella che sottolinea l’importante e salvifico legame con la terra. Con la nostra terra. Chissà se la 19enne Valeria Cagnina, studentessa universitaria, alessandrina, figlia di questo territorio, ma cittadina del mondo fin da piccola (a 15 anni era riuscita a farsi accettare nei laboratori del Mit di Boston), dopo il diploma di perito informatico, aveva in testa anche questa storia di fantasia quando, pur avendo porte aperte ovunque, ha deciso di aprire la sua impresa, che si occupa di robotica educativa (si chiama OFpassiON), nella terra dove è nata e su cui ha imparato a camminare e a “volare”? Certo è che in un’intervista di un paio di settimane fa al Corriere della Sera a chi le chiedeva il perché della sua scelta ha risposto: «Voglio che i miei coetanei e non solo abbiamo le stesse opportunità di formazione e professionali che si possano trovare all’estero. Credo nella sprovincializzazione delle menti».

Tornano alla memoria le parole di Valeria passeggiando sotto i portici di via Emilia a Tortona dove si affacciano ritratti, nomi, da-te e imprese di concittadini che, orgogliosi delle loro origini, hanno portato il nome della loro città anche lontano da qui.

L’idea di celebrare tanti personaggi sul soffitto del portico Frascaroli (il marchese, anche sindaco di Tortona, che fece costruire la “palazzata” liberty con annesso porticato) è degli inizi del Novecento. Oltre allo stesso Frascaroli, si incontrano san Luigi Orione, il garibaldino Leardi, il poeta dialettale Schiavi, lo storico Carbone. E altri, man mano aggiunti, fino all’eroe della bicicletta Fausto Coppi e al burattinaio Peppino Sarina. Una passeggiata sotto i portici è una bella lezione di storia. Sicuramente maestri e professori di qui ne hanno già approfittato. In questi tempi i passi e le soste per scrutare visi e storie sembrano ancor più necessari.

Come lo è la ricerca di vite illustri che hanno illuminato paesi grandi e piccoli di queste parti. Da Novi a Voghera, da Stradella, a Broni, a Casteggio. Nel minuscolo borgo di Porana, per esempio, ecco la memoria dell’ingegner Severino Grattoni, uno dei progettisti del Frejus, nativo di Cervesina, che scelse di farsi costruire proprio qui la casa del cuore. Si può, e si deve trarre ispirazione dalle glorie del passato. Ma sarebbe sbagliato e pericoloso cullarsi semplicemente nel ricordo. Persino oggi che è così difficile vedere un futuro fuori dalla pandemia. Anche oggi con la paura che paralizza e minaccia di spegnere desideri e progetti.

«Siamo fatti di desideri e di paure», ha ricordato anche il vescovo Viola qualche giorno fa, intervenendo a Varzi al convegno organizzato dalla Fondazione Sviluppo Oltrepò. In quel contesto il presule ha avvertito che «i desideri si soddisfano solo nel fare comunità».

I segnali per i nostri territori ci sono. Anche nell’estate difficile che ci siamo lasciati alle spalle tanti ci hanno dato fiducia arrivando in queste terre e fermandosi volentieri e più a lungo. Molti hanno contribuito a sostenerne l’economia. Come Valeria, ci sono giovani che scelgono le loro contrade per fare impresa. Tuttavia, le comunità che hanno saputo riconoscere e fare propri cervelli e forza di personaggi del passato abbracciandoli dentro il sentirsi comunità, oggi sembrano poco propense a tenersi insieme. Lo ha detto di gran lunga meglio il nostro vescovo: «Il bene comune non è la somma del bene di ciascuno, ma è ciò che è bene per tutti». Discorso laico il suo. E senza peli sulla lingua. Anche nei confronti della politica «concentrata a dividersi più che a unirsi e a unire, quando invece il suo compito dovrebbe essere quello di orientare a una svolta di natura etica». Stare qui? Tornare qui?, si chiedeva allora Monsignor Viola. Come fare se mancano infrastrutture (strade, ponti, connessioni) e se è così difficile anche tenere attivi indispensabili presìdi per la salute.

«Manca una struttura di comunità concreta e seria», avvertono ancora le parole del vescovo. C’è materia di interrogazione, riflessione e discussione aperta per tutti. O alme-

no per chi c’è, per chi vuole esserci. Per chi vuole starci davvero, non solo con eterei slogan, per trasformare i singoli desideri in progetti percorribili. Finalmente insieme però. Con convinzione. E, soprattutto, a carte scoperte.

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