Loro non vanno in vacanza

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di MARIA PIA E GIANNI MUSSINI

Tornati dalla montagna, non abbiamo perso la bella abitudine di salutare chi si incrocia per strada: là, sui sentieri in mezzo ai boschi ma anche nelle viottole dei paesi, salutarsi è costume di tutti, italiani e stranieri, borghigiani e villeggianti. E così in queste settimane a casa istintivamente diamo il buongiorno a tutti, specialmente sulle rive del Ticino dove portiamo a spasso la cagnolona Kora (in custodia da noi durante le vacanze dei suoi legittimi proprietari: i genitori della nostra nipotina Miriam).

Gli italiani ci guardano piacevolmente perplessi: di certo pensano che siamo tipi strani o forse che ci hanno conosciuto da qualche parte, ma non si ricordano… Chi invece risponde subito con entusiasmo e senza esitazioni sono le famigliole di immigrati latinos che, carichi di borsoni pieni di cibo e con frotte di bambini al seguito, sono alla ricerca di una spiaggetta dove imbandire la loro tavola, ascoltare la loro musica, giocare a pallone, “pucciare” i piedi nel fiume, giocare con i più piccoli.

Che abbiano un carattere aperto e contagiosamente allegro lo abbiamo del resto sperimentato noi stessi, nel nostro giro a Cuba di qualche anno fa ma soprattutto nei ripetuti contatti con la famiglia messicana del nostro genero Octavio. In Messico baci e abbracci a non finire, mariachi in ogni occasione, voglia di ballare a ogni ora del giorno e della notte. E il leitmotiv ripetuto da tutti i parenti: «Siamo molto felici che facciate parte della nostra famiglia ».

Persino alla frontiera – non certo idilliaca – tra USA e Messico (ci capitò di varcarla una volta in aereo), quando sentono che abbiamo una figlia casada, sposata, a un messicano, e una nipote metà e metà, impazziscono di gioia e quasi dimenticano di controllare i bagagli. Capite perché non di rado Gianni dice ad amici napoletani o siciliani che loro sono dei dilettanti rispetto ai latinos. I quali, quando migrano da noi, magari faticano a inserirsi in un ambiente che – oltre a essere estraneo se non addirittura ostile – è così diverso da quello di origine; eppure non perdono tanto facilmente le loro caratteristiche e, per tornare al tema, sono disposti naturalmente a salutare il prossimo, così come chiacchierano volentieri raccontando del loro Paese e delle loro famiglie…

Ecco un merito del Ferragosto in città. Ci dà tempo e modo di guardare in faccia persone che in altri momenti magari non prenderemmo in considerazione, ma che in questo periodo sembrano aver preso pieno possesso dei luoghi che abitiamo: gli immigrati non vanno in vacanza, e sono proprio quelli che più si incontrano in giro in questi giorni. Un saluto non guasta, se li fa sentire a casa anche lontano da casa. Immaginiamo che l’occhio di Dio li osservi, e ci osservi, amorevolmente così come tutti gli esseri umani che si arrabattano nel vivere quotidiano.

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