L’amore è proprio un rebus

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di Arianna Ferrari e Andrea Rovati

LEI

Il nostro 25 Aprile è stato un po’ particolare. Io reperibile: vivo tra la fiduciosa speranza che non mi chiamino e il timore che lo facciano. Concretamente ciò comporta delle scelte obbligate: non andare troppo lontano stando in luoghi in cui il telefono abbia campo, portarsi il necessario per un’eventuale chiamata e stabilire se muoverci con una o due macchine. Fatti questi ragionamenti e pianificata la giornata, decidiamo di usare una sola auto e di dirigerci verso luoghi ameni del Basso Lodigiano. Andrea aveva visto che c’era la sagra della rana e del pesciolino fritto a Maccastorna. Maccastorna? Sentita nominare forse da mio padre… zona Pizzighettone, mi pare di ricordare ma – devo confessare – che i due paesi sono più un’idea che luoghi fisici esistenti. La giornata è piuttosto freddina. Eppure ci godiamo queste verdi campagne fatte di cascine e vita agricola. Andrea sfodera tutta la sua competenza del territorio che conosce per lavoro e fra me penso “Che vergogna! Una lodigiana che si fa bagnare il naso da un oltrepadano!”. Percorriamo strade a me ignote fino ad arrivare alla meta. Trovo il luogo delizioso. Piccolo borgo di campagna, castello maestoso, sagra di paese e tutti gli abitanti impegnati nella realizzazione dell’evento. Ci accomodiamo a un tavolo in legno in un giardinetto adiacente la chiesa. Ordiniamo il piatto forte: polenta, rane e pesciolini fritti e istantaneamente si libera quella gioia che nasce dalle cose semplici che sanno di buono.

arifer.77@libero.it

LUI

“Sagra della rana e del pesciolino fritto Festa Patronale di S. Giorgio” a Maccastorna. Be’, questa non me la posso proprio perdere! Maccastorna. Ne avevo sentito parlare da quelli della Bassa Lodigiana… ma dov’è Maccastorna? Il navigatore ci conduce con sicurezza lungo la strada e se ne infischia del resto, come se fiumi, monti e boschi fossero solo elementi decorativi. Però rane e pesciolini fanno pensare all’acqua, non alla terra e tantomeno all’asfalto; anche i nomi dei paesi ce lo ricordano: Castiglione d’Adda, Crotta d’Adda e infine Castelnuovo Bocca d’Adda, proprio dove il fiume si butta finalmente nel Po. Guardando la carta geografica ci accorgiamo che siamo in una lingua di terra disegnata da un’ampia ansa del Grande Fiume: da qui non si passa per caso, bisogna venirci apposta. E infine lo incontriamo, è piovuto molto, quindi l’Adda è piuttosto grosso e suscita un arcaico senso di ammirazione e di timore: la mente corre ai Promessi Sposi, quando Renzo lo deve attraversare (in realtà un bel po’ più a Nord) per fuggire dal territorio milanese e il Manzoni scrive prima “Fu il ritrovamento d’un amico, d’un fratello, d’un salvatore” ma poco dopo “sapeva bene che l’Adda non era fiume da trattarsi così in confidenza”. E l’incontro con il fiume è motivo di grande gioia, della riscoperta di una storia antica di cui noi siamo testimoni ed eredi e quindi di una speranza che viene dal profondo: ora possiamo dedicarci a rane e pesciolini e senza dubbio le sapremo gustare nel modo migliore.

andrea.rovati.broni@gmail.com

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