La Giornata mondiale per la Vita Consacrata

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Il 2 febbraio è festa per i religiosi e le religiose della nostra Diocesi. A due di loro abbiamo chiesto di raccontarci come hanno risposto alla chiamata del Signore

«Gli occhi dei consacrati vedono la grazia di Dio riversata nelle loro mani. Essi sono, nelle nostre comunità, le sentinelle capaci di “vedere quel che conta nella vita”. Il loro sguardo non può che essere uno sguardo di speranza». Così Papa Francesco parla dei religiosi e delle religiose che il 2 febbraio celebrano la XXVI Giornata mondiale per la Vita Consacrata. Fu san Giovanni Paolo II che, nel 1997, scelse proprio il 2 febbraio, memoria della Presentazione di Gesù al Tempio, come data della Giornata. La Vergine Madre, che porta al tempio il Figlio, aveva spiegato il Pontefice, «esprime bene la figura della Chiesa che continua a offrire i suoi figli e le sue figlie al Padre celeste, associandoli all’unica oblazione di Cristo, causa e modello di ogni consacrazione nella Chiesa». «Nella Diocesi di Tortona – come spiega don Maurizio Ceriani, vicario episcopale per i religiosi e per i diaconi permanenti – ci sono ben quattro Case Madri di congregazioni religiose femminili e una maschile, segno della fecondità della nostra Chiesa, nella quale lo Spirito Santo ha trovato cuori generosi e pronti a rispondere alla sua voce».

Le femminili sono: Suore Benedettine della Divina Provvidenza a Voghera, fondate dalle sorelle Maria e Giustina Schiapparoli, Suore Missionarie della Carità a Tortona, fondate da san Luigi Orione, Piccole Figlie del Sacro Cuore di Gesù a Sale, fondate da mons. Amilcare Boccio e da madre Guglielmina Remotti e Pia Famiglia delle Sorelle del Santo Rosario Apostole del Lavoro a Rivanazzano Terme, fondate da mons. Pietro Mongiardini e da madre Anna Coralli.

Quella maschile è la Piccola Opera della Divina Provvidenza voluta da san Luigi Orione. E su tutto il territorio sono una trentina le comunità religiose presenti.

Per conoscere meglio queste realtà che sono fondamentali per il cammino della Chiesa di san Marziano abbiamo incontrato una consacrata e un consacrato che appartengono a due di queste Congregazioni e che fanno esperienza una di vita attiva e l’altro di vita contemplativa: suor Pia Villiger, Madre Generale delle Piccole Figlie del Sacro Cuore di Gesù a Sale, da 40 anni religiosa e fra’ Ivan Sevà, vicario dei Frati Eremiti della Piccola Opera della Divina Provvidenza, che dal 1995 vive nell’Eremo di Sant’Alberto di Butrio a Ponte Nizza.

Daniela Catalano

Suor Pia Villiger: “Noi siamo qui solamente per Gesù”

Suor Pia, quando nasce la sua Congregazione e come si è evoluta nel tempo? Qual è il carisma che la caratterizza?

Suor Maria Pia Villiger al centro, con due consorelle malgasce

«La Congregazione delle Piccole Figlie del Sacro Cuore di Gesù conta 178 suore, presenti nel Nord Italia, a Nola e a Roma, dove ci sono due comunità, una che ospita gli studenti e una nella parrocchia di S. Francesca Romana; poi ci sono 54 suore in Madagascar e una piccola presenza in Perù, Romania e nella Svizzera ticinese. A Sale, oltre alla Casa Madre con 42 religiose, c’è anche Villa Mensi, dove sono accolte 23 sorelle anziane, tra cui la più longeva è suor Maria Punta, originaria di Gavi, che proprio domenica scorsa ha compiuto ben 102 anni. Oggi più di prima abbiamo bisogno di pregare per la Vita Consacrata che, come dimostra questa Giornata, è nel cuore della Chiesa e deve essere sostenuta nelle sue varie forme. Noi dobbiamo vivere alla sequela del Signore e avere nel cuore la percezione della sua chiamata. Siamo chiamate a testimoniare la pienezza della nostra vita religiosa. Al centro devono esserci la comunità e la comunione, attraverso cui passa la nostra missione. Ciascuna di noi è inviata dalla congregazione in tutto il mondo. La Congregazione è nata nel 1924 per desiderio di mons. Amilcare Boccio che voleva il trionfo dell’amore misericordioso del Signore. Nella Casa Madre, che è sempre rimasta a Sale, un ruolo essenziale lo ha avuto madre Guglielmina Remotti, la prima consacrata, insieme a tre compagne. Per il fondatore l’impegno delle suore si traduceva in una collaborazione con i sacerdoti nella catechesi e nella cura dei bambini, soprattutto all’interno degli asili infantili. In passato, infatti, vi erano molte piccole comunità che vivevano nelle parrocchie. Mons. Boccio, per diffondere il culto del Sacro Cuore, fondò anche una rete di preghiera prima con i chierici tra i laici, dopo la Prima Guerra Mondiale. Durante la Grande Guerra, mentre era cappellano militare ed era convalescente dopo essere stato ferito gravemente, aveva letto e meditato a lungo la Storia di un’anima di santa Teresa del Bambin Gesù. Quando la guerra finì volle seguire il suo esempio e, con la collaborazione di madre Guglielmina, nella primavera del 1919, a Sale, cominciò a organizzare le prime riunioni dell’associazione della “pratica d’unione con Dio” per il trionfo del Sacro Cuore e per la diffusione della “piccola via” di santa Teresina. Il 25 marzo 1924 diede inizio alla nuova Congregazione. Noi, dunque, non siamo nate per una specifica opera assistenziale o scolastica ma per la diffusione dell’amore di Dio, sulla scia della “piccola via” di santa Teresina. Oggi siamo una presenza davanti al Signore e accanto ai laici. Il mondo, infatti, ha bisogno di una vera testimonianza di fraternità e di fede. E solo la fede nel Signore morto e risorto è la ragione della nostra vita. Tutte noi siamo qui solamente per il Signore che si è incarnato nel Figlio per il mondo intero».

Perché oggi una giovane dovrebbe farsi suora?

«Dovrebbe scegliere la vita religiosa perché sente la chiamata del Signore e poi per donare totalmente la sua vita a lui e agli altri. Si tratta di una risposta a una ricerca di un senso di vita. Nella nostra esperienza di comunità è fondamentale la preghiera che significa coltivare un dialogo sempre più vivo e vero con il Signore e la comunione autentica».

Fra’ Ivan Sevà: «Nella condivisione camminiamo verso Dio»

Quando sono nati gli Eremiti e come si collocano all’interno delle esperienze di vita contemplativa?

Fra’ Ivan Sevà

«Il nostro fondatore, san Luigi Orione, era un sacerdote con il cuore senza confini e nella sua Piccola Opera ha pensato a ogni tipo di vocazione. Fin dalle origini ha sognato una famiglia contemplativa che fosse diversa dalle altre esistenti. Noi, infatti, siamo a tutti gli effetti Figli della Divina Provvidenza ma con una nostra specificità e ci affianchiamo ai sacerdoti. Un’importante figura di riferimento è Frate Ave Maria, di cui il 21 gennaio ricorreva il 58° anniversario della morte. Don Orione ha accolto questo giovane cieco che chiedeva aiuto, senza farsi troppi problemi, perché guardava alla persona e a come si poteva aiutare.

Aveva subito pensato di creare un ramo contemplativo maschile per i non vedenti che poi non si è sviluppato ma che è nato parallelamente a quello femminile delle Sacramentine cieche. Il frate era un uomo che dedicava tantissimo tempo alla preghiera adorante.

La realtà eremitica è nata nel 1899 ed è sempre rimasta un piccolo segno, presente dal 1920, in modo continuativo, nell’eremo di Sant’Alberto di Butrio. Oggi la comunità si compone di 6 frati, tra cui un argentino e un brasiliano, guidati dal superiore parroco, don Agostino Casarin. Il 21 gennaio 2003 è stato fondato un romitorio in Brasile dedicato proprio a Frate Ave Maria, dove ci sono altri 4 confratelli.

Io arrivo dalla provincia di Biella e quando ho fatto la Prima Comunione ho capito che volevo diventare tutto di Gesù. Sono stato subito attratto dal chiostro e dal silenzio, complice anche il fatto che vivevo in una realtà lontana dal mondo e immersa nella pace.

Sono entrato in seminario a Biella ma sono uscito poco dopo perché sentivo il desiderio di farmi monaco. Grazie a un’amica entrata nelle suore orionine, ho conosciuto gli eremiti e a 16 anni ho deciso di seguire il nuovo cammino. Io dico sempre che è stato don Orione a scegliermi. Dopo qualche anno di formazione, nel 1995 ho avuto il dono e la grazia di poter arrivare a Sant’Alberto.

La nostra giornata è scandita dall’ora et labora benedettino che il nostro fondatore ha convertito in laus e labor, dove la laus è formata da tre momenti consacrati a Dio, al mattino, a metà della giornata e alla sera, durante i quali c’è sempre un momento davanti al Santissimo».

Che cosa può attrarre un giovane a entrare tra gli Eremiti? E la Giornata per la Vita Consacrata perché è importante per voi?

«La maggiore attrazione del nostro Eremo è la dimensione di preghiera e di silenzio, nella stabilità di un luogo, unita a un grande spazio dedicato alla contemplazione.

Per quanto riguarda le vocazioni nella nostra comunità, la situazione è difficile in generale ma anche per la nostra particolarità, perché l’Opera di don Orione a cui apparteniamo è caratterizzata dall’impegno di vita attiva. Può succedere che ci siano dei membri della Famiglia che decidono di passare alla dimensione contemplativa. Penso che sia importante per un giovane incontrare Dio nella propria esistenza che è una persona viva e vera. L’unico modo per accoglierlo è donarsi. Ogni giorno bisogna alzarsi, cadere e ricominciare.

Credo che la Giornata del 2 febbraio, come gli incontri per i religiosi promossi dal vicario episcopale, siano necessari per accrescere la comunione tra le congregazioni diocesane.

Anche nel nostro piccolo abbiamo creato un dialogo con la piccola comunità delle suore benedettine di Salice Terme, l’unica in zona. Nella condivisione è possibile camminare insieme verso il Signore con rinnovata gioia».

Celebrazione con il vescovo Mons. Marini

La celebrazione diocesana della XXVI Giornata mondiale per la Vita Consacrata si terrà mercoledì 2 febbraio, alle ore 17, in cattedrale a Tortona, e sarà presieduta dal vescovo Mons. Guido Marini. Sono invitati tutti i religiosi, le religiose e i consacrati, secondo le modalità comunicate a ogni comunità dal vicario episcopale. Nella celebrazione saranno ricordati gli anniversari di professione religiosa.

I fedeli laici possono partecipare fino all’esaurimento dei posti disponibili.

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