“In vino libertas”, il progetto che incrocia mondi diversi

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Ogni giorno studenti e detenuti del carcere di Voghera si ritrovano insieme a vendemmiare nelle vigne di “Torrevilla”. Sono seguiti da don Pietro Sacchi, parroco di san Pietro, e da Noemi Agosti di “Terre di Mezzo”

È un tardo pomeriggio di una giornata settembrina. Sulle colline dell’Oltrepò e del Tortonese è tempo di vendemmia. Anche per don Pietro Sacchi, orionino e parroco di san Pietro in Voghera, e per i suoi “colleghi di vigna”: una trentina di studenti dei licei vogheresi, 3 del “Maserati” e 4 detenuti della casa circondariale di Medassino. Il don è in macchina e li sta accompagnando a casa dopo una giornata di lavoro. Ogni giorno, infatti, due squadre si trovano presso la Cantina “Torrevilla” e raggiungono i vigneti, armati di ceste e forbicioni. Persone diverse, di età differenti, con alle spalle varie esperienze. Ma è proprio in questa “diversità” che sta il succo di un progetto dal nome già di per sé significativo – “In vino libertas” – che vuole rappresentare un’occasione di crescita e di arricchimento reciproco tra chi vi prende parte.

«Da quasi vent’anni opero all’interno delle carceri. – racconta don Pietro – Dal 2008 ad oggi coinvolgo giovani di diversa età, formazione ed estrazione sociale in progetti che li motivano a varcare coraggiosamente la soglia di “mondi sommersi” quali carceri, quartieri di periferia, psichiatria, campi nomadi. Insomma, le frange escluse della marginalità sociale. L’intuizione nata da esperienze pilota ripetute con successo, è stata quella di incrociare mondi diversi tra giovani ed emarginati, che serbano comunque importanti elementi in comune, quali la fragilità, la mancanza di prospettive per il futuro, la solitudine, la difficoltà nel credere in se stessi, di amare e di lasciarsi amare. Dare vita a questo scambio genera reciprocità, empatia, cura ed arricchimento vicendevole. “Ama il prossimo tuo come te stesso” è la radice evangelica che in questi progetti si tramuta in esperienza viva e trasformante, è l’esperienza dell’altro che mi dà forma restituendomi anche qualcosa di mio, in parte o totalmente sconosciuto».

Ed è così che prende concretezza “Terre di Mezzo”, un’associazione, un “gioco di fuochi incrociati”, nata dalla collaborazione di giovani coinvolti negli anni all’interno di vari progetti.

«Ciò ha istituzionalizzato – spiega il sacerdote – il luogo di incontro tra mondi differenti, nello spazio fecondo della reciprocità e dell’intersoggettività, contenuto e tutelato da un progetto. Parole difficili forse, oggi declinate in qualcosa di molto semplice e nel contempo impegnativo come la vendemmia».

“In Vino Libertas” è un’idea nata a Tortona con la “Cantina Sociale” che ha coinvolto dei giovani universitari e quattro detenuti della Casa di Reclusione “San Michele” di Alessandria nella vendemmia del 2020 sui colli tortonesi. Entro l’autunno 2021 sarà pronto il vino prodotto che si chiamerà “Sprigionato”.

Ed ora lo sbarco in Oltrepò.

«Abbiamo ripetuto quest’anno l’esperienza in Oltrepò – continua don Sacchi – facendo incontrare e lavorare insieme a Voghera 30 studenti dei licei cittadini, 3 studenti dell’istituto “Maserati” e 4 detenuti della Casa Circondariale di Medassino pilotati dai volontari di “Terre di Mezzo”. Responsabile del progetto è la vicepresidente dell’associazione, Noemi Agosti, studente di Giurisprudenza ed amante del servizio nelle carceri».

Ma concretamente come si svolge il tutto? È sempre don Pietro a spiegarcelo: «Ogni giorno presso la Cantina di “Torrevilla” 2 squadre costituite da 4 studenti, 2 detenuti e 2 capisquadra entrano in gioco per la raccolta a mano dell’uva, finalizzata alla realizzazione di un vino speciale a cui dare etichetta e nome mediante incontri formativi con specialisti che intervallano le settimane della vendemmia. Ogni mattina due mezzi-navetta autorizzati dal magistrato si recano presso la casa circondariale alle 7.45 e conducono giovani e detenuti presso le vigne dopo la preparazione e la colazione. Ritiriamo il pane e 1 dei 4 detenuti che lavorano con noi, fruendo dell’articolo 21 dell’ordinamento Penitenziario in borsa lavoro, prepara i panini per il pranzo delle 2 squadre. Ogni giorno dal lunedì al venerdì, si lavora in vigna per la raccolta dell’uva».

Il progetto è molto di più di un semplice coinvolgimento in un’operazione solidaristica. Lo chiarisce bene il parroco di san Pietro: «L’idea è quella di produrre un vino di qualità con un marchio di qualità, che non renda l’operazione di “solidarietà” o ancor peggio “di aiuto”, ma concorrenziale, di qualità ed accattivante, poiché i nostri ragazzi dentro e fuori le mura carcerarie sono abili, veloci e grandi lavoratori. Si scoprì già nelle missioni dei Paesi poveri che non occorreva “donare il pesce ma insegnare a pescare” così noi non vogliamo solidarietà per i detenuti che lavorano con i nostri studenti, ma attenzione e dignità, il giusto rispetto ed il giusto mercato dovuto a un’operazione che produce qualità innegabile, come “Torrevilla” sa fare. Noemi Agosti è abile con i giovani e organizza, insieme ai tutor responsabili della Cantina “Torrevilla” e a noi, altri volontari dell’associazione che le facciamo da squadra coadiuvante, sia il lavoro della vendemmia sia gli incontri formativi».

Il progetto prevede inoltre la realizzazione di un docu-film, come è accaduto per l’esperienza tortonese e la produzione di un vino per la quale i partecipanti individueranno un nome e un’etichetta. «Questo ci porterà – conclude don Pietro Sacchi – nei locali, nelle piazze e nei circoli a presentare l’iniziativa che parte dall’uva, approda nel vino e sfocia in una vetrina sociale che è una testimonianza di civiltà evangelica ed inclusiva, capace di plasmare i cuori e le menti di domani, nei giovani d’oggi».

Marco Rezzani

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